La storia di Ugo De Vivo diventa un thriller: l’avvocato è stato destituito per la seconda volta da sindaco. Il Consiglio di Stato gli ha tolto quello che il Tar gli aveva dato. E così l’uomo delle seconde chance è diventato l’uomo dei secondi incubi. Quello che si ritrova fuori di nuovo dal Comune. Eppure sembrava poter avere vita lunga l’amministrazione questa volta. Nulla da fare. A Roma hanno detto che prefetto e governo avevano seguito la procedura corretta e che il Tar aveva omesso qualche particolare.  La sentenza. Ieri pomeriggio poco dopo le 16 viene arriva la decisione dei giudici. Che ha il sapore di una mazzata tra capo e collo. De Vivo di fatto non è più sindaco anche se la sentenza adesso dovrà essere eseguita da parte delle autorità. La sentenza che ribalta quanto detto da Tar è tutta incentrata sulla convalida degli eletti. In poche parole, per i giudici di palazzo Spada, i consiglieri potevano dimettersi. E la loro scelta avrebbe condotto dritti dritti allo scioglimento del consiglio comunale. Dicono i giudici romani “non sembrerebbe dubbio che in questo caso si siano compiutamente determinati i presupposti per lo scioglimento. Infatti sono state presentante contemporaneamente e ritualmente le dimissioni scritte di 17 consiglieri su 32”. Non solo. “Le dimissioni così presentate, nel pieno rispetto dei requisiti di forma e di contemporaneità, erano ‘irrevocabili’ e ‘immediatamente efficaci’ senza bisogno di ‘presa d’atto’ da parte di chicchessia”. In sostanza via libera alla decadenza del consiglio. Perché nel frattempo la legge è cambiata e il Tar s’è rifatto alla vecchia sulla questione della convalida e solo dopo delle dimissioni: “Gli eletti non potrebbero considerarsi nella pienezza delle loro funzioni prima della ‘convalida’ e non potrebbero neppure dimettersi efficacemente. Questa tesi apparteneva alla disciplina previgente, ma non è più prevista da quella attuale che, in effetti, non contiene il termine convalida, e anzi dispone esplicitamente che i consiglieri eletti entrano in carica all’atto della proclamazione”.

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