“L’attuale disastrosa situazione della giustizia e delle carceri in Italia è sicuramente colpa del mondo della politica che da un ventennio non ha il coraggio di affrontare il problema in modo strutturale, ma sempre in modo emergenziale con amnistie ed indulti dai quali ne è scaturito un progressivo peggioramento del sistema fino ad arrivare al collasso attuale con nove milioni di processi in sospeso, 180mila prescrizioni all’anno e le carceri nella situazione che tutti conoscono”. Ha ormai solo un filo di voce. Non mangia da 34 giorni e da cinque ha smesso anche di bere. Ma la voglia di far valere le sue ragioni è quella di sempre. Le condizioni di Aldo Di Giacomo cominciano a preoccupare sul serio, ma lui non si arrende e senza girarci troppo intorno fa sapere che è pronto a lasciarsi morire se nessuno lo ascolta e se la politica non assume l’impegno serio e definitivo del problema della giustizia. “È sconcertante che ancora oggi si parli di amnistie e indulto e non di depenalizzazioni e misure alternative alla detenzione. Questo significa che la politica finge di non capire il disastro combinato fin ora e continua rimandare il problema con l’adozione provvedimenti che sono il vero cancro della nostra giustizia, una resa dello Stato. Oggi uno Stato civile come il nostro non può più continuare su questa strada”. Di Giacomo lamenta la mancata attenzione del mondo della politica e dei media alla sua protesta: “Molta solidarietà – spiega – ma niente fatti come al solito”. Poi si dice sconcertato dalla “scarsa attenzione dei media impegnati solo ad rendere visibile ancora una volta chi chiede indulti ed amnistie. Continuerò – aggiunge – la mia battaglia costi quel che costi anche se dovessi morire. Chi ci rappresenta non può più comportarsi in modo irresponsabile, oggi la politica deve dimostrarsi ragionevole realizzando quelle riforme che realmente necessitano al sistema anche se da queste dovesse scaturire impopolarità”. Nel frattempo il consigliere del Sappe (sindacato autonomo di polizia penitenziaria) incassa la solidarietà di molte associazioni e sindacati che hanno già chiesto l’intervento dei massimi organi dello Stato.

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