Un’emozione come nessun’altra. Cerchi le parole, e alla fine le ragioni, per raccontare dalle colonne di un quotidiano locale un evento tanto grande. Di cui tutti leggeranno e ascolteranno altrove: la stampa nazionale, le tv, soprattutto internet. E il motivo è tutto in quella frenesia che ti prende, quel vuoto allo stomaco perché guardi il fumo che viene fuori dal comignolo della Cappella Sistina e stavolta, alle 19.06, è bianco.
I cardinali in conclave da martedì pomeriggio hanno scelto, la Chiesa universale ha il nuovo Papa. In attesa di vederlo, la folla in piazza San Pietro è in delirio. Un’ora dopo l’annuncio ufficiale, le campane smettono di suonare a distesa e dalle dirette si sente il cuore dei cristiani in festa.
Anche quest’attesa finisce alle 20.13. “Annuntio vobis, gaudium magnun: habemus Papam”, annuncia il protodiacono Jean Louis Tauran. E poi scandisce in latino che è l’eminentissimo e reverendissimo cardinale di Santa romana Chiesa Jorge Mario Bergoglio, mai nessun sudamericano prima di lui. Si chiamerà Francesco ed è il primo a utilizzare il nome del santo poverello. Un simbolo che è una scelta, rivoluzionaria quanto le dimissioni del suo predecessore Benedetto XVI. Francesco d’Assisi è anche il patrono d’Italia. Bergoglio è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, ma la sua famiglia ha origini piemontesi.
Si affaccia, risoluto ma emozionato. Somiglia a Paolo VI. Il boato della folla lo sostiene. Poi l’inno di Mameli in onore del gesuita eletto pontefice. “Fratelli e sorelle… buonasera”. Arriva dritto al cuore, Francesco I: “Il dovere del Conclave era dare un vescovo a Roma, sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo..”. Poi ringrazia per l’accoglienza, ripete che la comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo, segno che con la città eterna avrà un rapporto profondo.
“Prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI, preghiamo tutti insieme per lui perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca”. Fu battuto da Joseph Ratzinger nel 2005, adesso il primo pensiero è per lui che ha lasciato in vita il soglio di Pietro. “Incominciamo questo cammino della Chiesa di Roma, un cammino di amore, fratellanza, di fiducia fra noi”, poi prima di impartire la benedizione e concedere l’indulgenza plenaria “vi chiedo un favore, che voi pregate per me”. Il silenzio della folla diventa paralizzante, il mondo si ferma. Papa Francesco china il capo, accoglie la preghiera dei fedeli. Un’immagine che è già nella storia.
La benedizione e poi l’ennesimo boato di gioia, tantissimi sono in lacrime. Lo skyline di Roma in questa sera di pioggia che porta rinnovamento fa tremare i polsi anche a chi dice di non credere in Dio. E lui, Jorge Bergoglio, fa cenno che ha ancora da dire.
È il primo in tante cose questo nuovo capo della Chiesa: gesuita, sudamericano, il primo Francesco.
Si congeda dal suo popolo con affetto, come abbracciasse tutte le migliaia di persone che lo guardano con speranza: “Pregate per me, ci vediamo presto. Buona notte – sorride – e buon riposo”.
Bookmaker battuti, il suo nome era sconosciuto quasi quanto quello di ‘Carolum’ Wojtyla nel 1978. Non era tra i favoriti e nemmeno nella rosa. In un mondo in cui la medialità ti fa partecipare a qualunque cosa, sei lì in tempo reale ovunque, il Conclave conferma il suo mistero. Sceglie un capo spirituale che è subito simpatico, meglio ‘empatico’. Il cattolicesimo vive un momento di crisi profonda, Francesco sembra quello giusto per riavvicinare gli uomini. È la voce di Dio in terra ed è una voce che scalda, richiama al concetto antico di carità, valore troppe volte smarrito. Qualcuno dice che la storia dimostra come la Chiesa non sbagli mai un Papa. E che evidentemente pure gli atei dovranno convenire che quella che orienta i passi dei cardinali e muove i sentimenti del mondo non è un’entità terrena. rita iacobucci