All’udienza davanti al gip di Campobasso, fissata per il 23 gennaio, il Comitato verità e dignità per le vittime Covid farà di tutto per convincere il giudice a non archiviare l’inchiesta ‘madre’ sulla gestione della pandemia in Molise. Lo ha ribadito ieri l’avvocato Vincenzo Iacovino, che ha incontrato la stampa insieme al presidente dell’associazione Francesco Mancini e ad altri aderenti.
La richiesta di chiudere il fascicolo principale, da cui in questi mesi sono stati stralciati episodi e posizioni, è stata formulata dal procuratore del capoluogo di regione. Dieci gli indagati, fra cui l’ex commissario della Angelo Giustini e gli organi di vertice della sanità. Non solo, ha spiegato Iacovino, l’inchiesta non deve fermarsi qui ma bisogna chiamare a rispondere delle «gravi inadempienze che lo stesso procuratore ha riscontrato e per le quali ha deciso di inviare gli atti alla procura della Corte dei Conti» anche altri protagonisti diretti della gestione dell’emergenza, come il commissario straordinario Domenico Arcuri.
In 90 pagine, l’opposizione formulata mette in fila la contrarietà del Comitato alle tesi del pm. La comunicazione dei dati sui letti occupati al Ministero, ha detto Iacovino, non era fine a se stessa, determinava il passaggio di colore (fasce di rischio) e l’attivazione della Cross se mancavano posti di terapia intensiva. I 14 posti aggiuntivi, ha ricordato, non sono stati mai attivati, né è stato realizzato ancora il centro Covid, la famosa “Torre” all’ex hospice del Cardarelli. il procuratore D’Angelo, ha riferito il legale, ha poi battuto molto sul fatto che il Vietri non avrebbe potuto diventare hub Covid perché non ha i reparti che garantiscano la multidisciplinarietà. «Ma perché allora il dg Asrem mandò i positivi di una rsa di Cercemaggiore proprio a Larino e quelli di una casa di riposo di Agnone al Ss Rosario di Venafro? Vuol dire che si poteva fare».
Molto critico, Iacovino, anche sulla scelta di affidare la consulenza peritale a tecnici che lavorano all’azienda ospedaliera San Pio di Benevento, dove Florenzano ha svolto il ruolo di direttore amministrativo per sei mesi prima di approdare a fine febbraio 2020 al vertice dell’Asrem. «Solleviamo sul punto un problema di opportunità». Gli stessi consulenti, comunque, arrivano a concludere che l’azione di Asrem è stata tempestiva rispetto alle direttive nazionali che però non sono state diffuse. A medici e infermieri, ha calcato la mano il legale, nessuno ha dato formazione e informazione su cosa fare. Criticità rilevata anche dagli ispettori inviati dal ministero della Salute. Ma per questa e altre inadempienze, per Giustini e per gli altri indagati, l’archiviazione viene chiesta sulla base di questo ragionamento: «Non si sono rifiutati di fare una cosa, ma non l’hanno saputa fare», la sintesi di Iacovino.
E il Comitato non ci sta, sottolineando che queste gravi inadempienze per chi ricopre ruolo manageriali di vertice sono, in base al decreto 502 che ha istituito le Asl, causa di decadenza. Soprattutto, Mancini e gli altri hanno respinto l’accusa che ritengono di aver letto in alcuni passaggi della richiesta di archiviazione: «Noi non abbiamo sposato le tesi di Giustini su Larino e quelle di nessuno. Noi vogliamo solo l’accertamento della verità».
Fuori dall’udienza di gennaio restano le vicende legate ai numeri inviati a Roma (in questo caso l’udienza davanti al gip si è tenuta a settembre e il Comitato, che pure si era opposto a una richiesta di archiviazione, è in attesa dello scioglimento della riserva), al ritardo nella costruzione del centro Covid a Campobasso e al cattivo funzionamento dell’impianto di ossigeno del Cardarelli. Oltre ad alcune ipotesi di reato per omicidio colposo denunciate dai parenti delle vittime. Complessivamente, una trentina di fascicoli sono aperti in procura a Campobasso sulla gestione dell’emergenza Covid in Molise, con dieci persone finite sul registro degli indagati per reati ipotizzati, a vario titolo, di abuso d’ufficio, omicidio colposo, procurata pandemia e interruzione di pubblico servizio.

r.i.

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