C’è una pandemia purtroppo dimenticata: 380mila nuovi casi nel 2021, secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità. Vuol dire che ogni giorno oltre mille italiani hanno saputo di avere un tumore. E, a causa del Covid che ha paralizzato la sanità e poi della crisi economica conseguenza della guerra in Ucraina, lo hanno scoperto tardi con ripercussioni sulla qualità della vita e sulla mortalità.
Per questo il presidente nazionale della Lega italiana lotta ai tumori, Francesco Schittulli, rilancia l’importanza fondamentale della prevenzione e propone al ministro della Salute Schillaci iniziative (che aveva già illustrato a Speranza ma poi non c’è stato il tempo di valutarle) in grado di riportarla al centro del dibattito e, soprattutto, delle abitudini delle persone. Un bollettino cancro, come quello realizzato per il SarsCov2, garanzia di potersi sottoporre per esempio alla mammografia non solo nelle strutture pubbliche ma anche in quelle convenzionate e uniformità dell’offerta di screening sia dal punto di vista della fascia anagrafica sia in termini di possibilità concreta di accesso agli esami. «Purtroppo – dice il prof Schittulli – abbiamo 20 sistemi sanitari differenti in Italia, quindi il molisano ha un trattamento diverso da un veneto. L’ideale sarebbe centralizzare di nuovo la delega in capo allo Stato. Se questo non fosse possibile per interessi, e sottolineo interessi, delle Regioni, vorrei promuovere un referendum popolare con una semplice domanda: sei soddisfatto della sanità erogata dalla tua Regione? Sì o no, semplice. E sappiamo come andrebbe a finire».
Professore, si è concluso da poco e con successo il mese della prevenzione del tumore al seno, l’Ottobre rosa. Una buona notizia perché a causa del lockdown dei servizi sanitari i dati sugli screening erano precipitati in maniera drammatica.
«Veniamo fuori da stagioni funeste, dapprima la pandemia Covid e poi l’evento bellico che tuttora viviamo e l’incremento spasmodico dei costi della vita quotidiana: tutto questo ha reso ancor più difficile mantenere la persona in stato di buona salute. Inoltre, si continua a parlare del Covid tralasciando la pandemia cancro, come se questa non esistesse. I dati, che non sono della Lilt ma dell’Iss, ci dicono che lo scorso anno abbiamo registrato circa 380mila nuovi casi. Significa che ogni giorno oltre mille italiani hanno saputo di aver sviluppato un tumore. Non solo. Lo scorso anno abbiamo avuto più di 173mila decessi per cancro, ogni giorno più di 500. In 30 mesi di Covid sono decedute tante persone quante ne sono morte in un anno di cancro. Io credo che dovremmo realizzare un bollettino quotidiano per il cancro, non per terrorizzare la popolazione, come è stato fatto invece con la pandemia, ma per allertarla e ricordare che sono necessari dei controlli. Il cancro è una malattia del tutto guaribile, quindi vincibile, se diagnosticata in tempo. Bisogna sottoporsi agli screening. Per far sì che tutti ne possano usufruire serve garantire la libertà di scelta: se io ho fiducia di quel medico, di quella struttura mi ci devo poter rivolgere liberamente. La Regione deve controllare la qualità della prestazione che viene offerta sia in ambiente pubblico sia in quello privato e convenzionato. Ma il cittadino deve essere libero di scegliere dove andare allo stesso costo».
Lei è un chirurgo senologo. Che situazione sta riscontrando?
«Le dico solo che nel 2019 eseguivo più quadrantectomie che mastectomie, oggi più mastectomie, quindi più interventi demolitivi. Perché è venuto meno il principio della diagnosi precoce, che significa scoprire un tumore quando ha piccole dimensioni. Un tumore di piccole dimensioni ha un indice di malignità molto basso e il processo di metastatizzazione, il rischio che possa diffondersi in altri organi o apparati, è nullo. In questo modo si vince la malattia, che si cronicizza, diventa come il diabete o l’artrosi. Invece oggi si riscontrano diagnosi tardive che comportano un peggioramento dei trattamenti – chirurgici, chemioterapici e quant’altro –, una discutibile qualità di vita e una compromissione dell’aspettativa di vita. Al danno si aggiunge la beffa dei maggiori costi subiti dalle famiglie e dalla società».
In Molise l’Ottobre rosa lo avete realizzato con due strutture private convenzionate, Gemelli e Neuromed.
«E intendiamo continuare la collaborazione con altre iniziative. Rispetto agli screening le ribadisco che la donna deve poter andare dove vuole. La Regione può rivolgersi al privato o al centro convenzionato e chiedere: quante mammografie mi garantisci? E acquistarle. Saranno come minimo il doppio di quelle assicurate dalla struttura pubblica. In questo modo si azzerano le liste di attesa e si mantiene sana la popolazione. Penso a una sana competizione, in cui i privati e i convenzionati erogano gli screening allo stesso costo del pubblico. Certamente, al contrario, è sbagliato penalizzare chi lavora meglio».
Lei pone al ministro della Salute anche la necessità di uniformare la prevenzione dei tumori.
«Non c’è uniformità perché, come ho già detto, ci sono 20 servizi sanitari diversi. Al Sud inoltre si registrano difficoltà rispetto al Nord e ancora di più in quelle Regioni sottoposte a commissariamento (come il Molise, ndr). Pensi che in Veneto Zaia ha fissato l’età degli screening da 45 a 74 anni. Da noi è 50-69 anni. Quindi, omogeneizzare l’offerta a partire dal dato anagrafico e rafforzare la prevenzione. E, concludo rilanciando, promuovere un referendum popolare sulla sanità erogata dalle Regioni».
ritai

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.