Nessuno dica che è colpa del debito o del commissariamento. Perché non è vero. Gianludovico Magri, cardiologo fra i più apprezzati del Molise e simbolo della sanità pubblica che funziona, ha lasciato il Cardarelli dopo 23 anni di servizio. «Non c’erano più, per me, le condizioni per continuare a lavorare serenamente», ha scritto in un post su Facebook in cui ha annunciato che dal 1° febbraio comincerà una nuova avventura professionale al Gemelli Molise. Tombola, sarebbe il caso di commentare.

Magri, a cui il popolo dei social ha tributato un omaggio imponente di stima e affetto, aveva partecipato un anno fa al concorso da primario per il reparto di Cardiologia dell’ospedale regionale. Nel primo responso della commissione presieduta dalla direttrice sanitaria dell’Asrem Evelina Gollo arrivò secondo. La selezione la vinse Matteo Santamaria, che è fra i professionisti di punta del Gemelli e che scelse di restare nella struttura da poco acquistata da Stefano Petracca. Tutto questo accadeva a luglio 2022. La nomina del direttore di Cardiologia è avvenuta poco più di due settimane fa: è Angela Rita Colavita, che dopo la rivalutazione dei titoli chiesta alla commissione ha scavalcato Magri, finito terzo.

Naturalmente non tocca a un giornalista il giudizio su competenze e curriculum dei medici. E qui non è in discussione la scelta di affidare in maniera stabile il reparto a chi, la Colavita, lo ha retto per anni come facente funzioni. I fatti, però, dicono – in maniera anche brutale – che l’Asrem non solo non riesce ad attrarre personale (basti pensare agli innumerevoli concorsi deserti) ma coglie pure il poco lusinghiero risultato di far scappare i migliori professionisti che aveva in organico.

(Queste foto e quella della home sono state pubblicate dal dottor Magri nel post di addio su Fb)

Il dg Florenzano e l’intera direzione strategica hanno avuto la possibilità di “strappare” al privato un cavallo di razza, Santamaria. Ma, se ci hanno provato, hanno fallito il colpo. Ed è finita che la nuova governance di Gemelli – dopo aver arruolato quattro anestesisti del Cardarelli – ha assunto invece uno dei più validi cardiologi del servizio pubblico. Che tanti pazienti seguiranno, dimostrando che quando c’è una vita in pericolo o in genere un problema di salute è davvero ridicolo riproporre l’antica e molisanissima diatriba fra pubblico e privato.

La vicenda del cardiologo è l’ennesima prova del decadimento in cui versano gli ospedali. Il suo post, che il presidente Toma (commissario della sanità) e gli assessori dovrebbero leggere perché dà spunti interessanti a chi governa la Regione, offre uno spaccato importante su quanto è avvenuto in questi ultimi anni. «Ho sempre amato questo lavoro ed ho fatto veramente tanti sacrifici, sempre con il sorriso e con tutta la mia professionalità, per cercare di aiutare al meglio i pazienti in una fase drammatica della loro vita. Ma, ultimamente, questo stato d’animo – ha spiegato Magri – stava scivolando via a causa di delusioni, insoddisfazione, sfiducia, amarezza ed ho preferito fare questa scelta, seppur molto sofferta». Poi ha aggiunto: «Me ne vado a testa alta, fiero di tutto quello che ho fatto per contribuire a curare al meglio l’infarto acuto nei pazienti in un periodo di estrema difficoltà per la sanità molisana anche, e non solo, a causa della pandemia».

Anche, e non solo, a causa della pandemia.

Al Gemelli Molise, invece, ha trovato «competenza, gentilezza, capacità ed entusiasmo nel compiere scelte innovative e una forte determinazione nel volermi affidare un ruolo dirigenziale in un interessante progetto assistenziale».

Non servono interpretazioni e commenti. Non c’è bisogno neanche di ricordare disagi e disservizi, diventati quotidiani nei reparti e negli ambulatori (per non parlare del caso 118). I molisani, purtroppo, li hanno ben presenti, li subiscono con conseguenze spesso tragiche e irreparabili. Pagando da anni, peraltro, le tasse più alte d’Italia a causa del disavanzo che, nonostante i tagli costanti ai servizi, continua ad aumentare.

E allora: la sanità pubblica in Molise si salva solo cambiando rotta. Ammesso che ci sia ancora tempo per farlo. Perché siamo ben oltre la fase “Caporetto”.

Rita Iacobucci

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