Entrato al Cardarelli fa per una patologia tempo dipendente, contrae il Covid e muore a un mese dal ricovero. Per i periti nominati dal Tribunale di Campobasso nella causa civile intentata dai suoi familiari, il decesso «è causalmente riferibile a “omissioni e deficienze di carattere organizzativo, responsabili della trasmissione del contagio da SarsCov2 avvenuto all’interno dell’ospedale Cardarelli di Campobasso, e “a condotte sanitarie del tutto inadeguate alla gestione clinica del paziente” che, qualora adeguatamente assistito, nonostante l’infezione virale nosocomiale sarebbe, verosimilmente, sopravvissuto alle patologie che avevano motivato il ricovero».
I fatti risalgono al periodo 3 gennaio 2021-5 febbraio 2021. Dopo le cure in emergenza, il paziente fu trasferito in medicina. Negativo a tre test molecolari per la ricerca del SarsCov2, al quarto invece emerse che aveva contratto l’infezione e fu spostato in “anziano fragile”. Era in ospedale già da due settimane. Quindi la diagnosi di polmonite bilaterale e la compromissione delle sue condizioni che peggiorarono fino alla morte avvenuta il 5 febbraio.
I suoi parenti, acquisita la cartella clinica, si rivolsero allo studio Iacovino che segue il Comitato “Verità e Dignità per le vittime Covid” e ha presentato numerose denunce sulla gestione dell’emergenza pandemica (dall’assenza di un centro Covid al cattivo funzionamento dell’impianto di ossigeno al Cardarelli, poi oggetto di lavori). I consulenti nominati dal Tribunale – fa sapere ora lo studio – «hanno depositato la perizia definitiva in cui rispondono ai quesiti posti dal Giudice, accertando la responsabilità amministrativa e sanitaria come causa del decesso nosocomiale per Covid contratto durante il ricovero disposto per patologia tempo dipendente».
Numerosissimi i rilievi messi nero su bianco, secondo quanto divulgato dagli avvocati. Per esempio che non è stato «mai eseguito un esame clinico completo del paziente al fine di verificare obiettivamente le sue condizioni cardio-respiratorie» e questo assume maggior peso per il fatto che il Covid «come noto, può determinare forme di miocardite molto pericolose se non riconosciute tempestivamente». E ancora che «il comportamento dei sanitari appare maggiormente censurabile anche perché non si è registrato un cambiamento della condotta neanche dopo l’aggravamento delle condizioni generali del paziente a seguito della comparsa della polmonite bilaterale da SarsCov2».
L’Asrem ha approvato la riorganizzazione ospedaliera e un piano di gestione dell’emergenza pandemica, ma i consulenti «hanno dedotto, dai documenti, la persistenza di carenze strutturali e organizzative che avrebbero vanificato tali iniziative». Poco chiaro, proseguono i legali, «il ruolo svolto dalla direzione e dal gruppo di lavoro, come pure dai referenti del rischio clinico e sicurezza, per la gestione dei cluster, in appoggio e sostegno delle unità operative coinvolte». Lacune documentali sono state registrate rispetto alla sanificazione, alla consegna dei dispositivi di protezione, «non risulta avviato un programma di formazione a distanza né la formale diffusione a tutto il personale di informazioni e indicazioni di comportamento specifiche». La situazione critica fu denunciata dai sindacati e dai medici e primari di alcuni reparti, fra cui medicina e chirurgia. Però «agli atti non risultano la creazione di una unità di crisi, di tavoli di confronto organizzati per gestire l’emergenza creata dai cluster».
In definitiva i consulenti, «dopo aver segnalato e censurato le citate carenze, definendole “espressione di condotta medica inadeguata”, ritengono ragionevole – riferiscono ancora dallo studio Iacovino – che, qualora messe in atto, le terapie all’epoca disponibili per contrastare l’azione del virus avrebbe avuto la possibilità di arrestare l’evoluzione della malattia verso la morte».
La Procura, chiosano gli avvocati in maniera polemica, ha chiesto invece l’archiviazione dell’indagine penale. Proprio oggi si discute davanti al gip una delle opposizioni prodotta dal Comitato che terrà un sit-in durante l’udienza in camera di consiglio.