Nell’anno 2023-2024 il Molise perderà 804 alunni (618 in provincia di Campobasso e 186 in provincia di Isernia). La popolazione scolastica scenderà a 34.269 studenti. I dati sono stati forniti dall’Usr ai sindacati in occasione dell’informativa sugli organici.
«Se pensiamo che nell’anno 2002/2003 frequentavano le nostre scuole 49.500 alunni, ci rendiamo conto delle dimensioni di questo fenomeno, che ha portato in meno di venti anni alla perdita di quasi un terzo della popolazione scolastica. Nonostante il calo degli studenti, grazie anche alle mobilitazioni sindacali, la dotazione organica di diritto dei docenti a livello regionale per il prossimo anno scolastico resta confermata (3.428 posti comuni e 543 posti di potenziamento), mentre l’organico di sostegno risulta incrementato di 37 unità, per un totale di 783 posti nelle due province», sottolinea la Flc Cgil.
L’attribuzione degli organici, a livello nazionale e regionale continua in ogni caso a penalizzare le aree interne e i territori soggetti a spopolamento, aggiunge il sindacato, perché disposta in base al dpr 81/2009 che attribuisce i posti in percentuale al numero di alunni. Rispetto al sostegno, poi, c’è un alto numero di posti in deroga, oltre 600 nel 2022/23 su un totale di 1.356 attivati. Solo il 55% dei posti è stabile sul sostegno, «mentre occorrerebbe arrivare almeno all’80% di posti consolidati nell’organico di diritto, per dare risposte ai docenti precari ma soprattutto agli alunni diversamente abili, che si trovano ogni anno a cambiare docente».
Il Molise, secondo il report Svimez, resta la regione con la percentuale più bassa di classi in cui è attivato il tempo pieno (meno dell’8%, a fronte di percentuali al di sopra del 50% in particolare nelle regioni del Centronord). «Tale situazione, dovuta ad organici insufficienti ma anche a poca richiesta da parte delle famiglie in virtù della mancata predisposizione da parte degli enti locali di servizi opportuni (trasporti, mense scolastiche, locali adeguati), penalizza ulteriormente la nostra regione, e manifesta l’assenza di adeguate politiche per l’istruzione, un settore in cui da tempo manca una vera programmazione».
L’autonomia differenziata, conclude la Flc, con la regionalizzazione dell’istruzione rischia di avvantaggiare le regioni più ricche e mina «alla base l’idea di una scuola pubblica nazionale» mettendo «fortemente in discussione l’unità del sistema dei diritti. I diritti costituzionali non possono essere differenziati in base al luogo si vive: ci mobiliteremo in ogni modo per fermare questo progetto disgregatore», conclude la federazione scuola della Cgil.

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