In Molise negli ultimi dieci anni si sono perse 1.899 attività artigiane, passate da 9.290 nel 2012 a 7.391 nel 2022 con un decremento pari al 20,4%. È il dato che emerge dal dossier settimanale elaborato dall’Ufficio studi della Cgia su dati Inps.
Il crollo più evidente in provincia di Campobasso con 1.393 chiusure (-20,9%), mentre a Isernia le attività che hanno chiuso i battenti sono state 506 (-19,3%). Le cause, secondo l’associazione degli artigiani, vanno individuate nel forte aumento dell’età media, provocato in particolar modo da un insufficiente ricambio generazionale. La feroce concorrenza esercitata dalla grande distribuzione e in questi ultimi anni anche dal commercio elettronico, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali e locali hanno spinto molti artigiani a gettare la spugna.
I consumatori, inoltre, hanno cambiato il modo di fare gli acquisti. Da qualche decennio hanno sposato la cultura dell’usa e getta, preferiscono il prodotto fatto in serie e consegnato a domicilio. La calzatura, il vestito o il mobile realizzati su misura sono un vecchio ricordo; il prodotto realizzato a mano è stato scalzato dall’acquisto scelto sul catalogo online o preso dallo scaffale di un grande magazzino.
Dal 2021, in tutta Italia gli artigiani sono scesi di quasi 325mila unità (-17,4%) e in questi ultimi dieci anni solo nel 2021 la platea complessiva è aumentata, seppur di poco, rispetto all’anno precedente. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’Inps, nel 2022 si contavano 1.542.2991 artigiani. Si tratta, precisa l’Ufficio studi, di persone fisiche e non di imprese. Il numero comprende i titolari, i soci e i collaboratori familiari che sono iscritti all’Inps nella categoria artigiani.
Non solo i giovani sono sempre meno interessati a lavorare in questo settore, evidenziano gli esperti della Cgia, ma anche chi ha esercitato la professione per tanti anni e non ha ancora raggiunto l’età anagrafica o maturato gli anni di contribuzione per beneficiare della pensione, spesso preferisce chiudere la partita Iva e continuare a rimanere nel mercato del lavoro come dipendente.
Vercelli e Teramo sono le province che, entrambe con il -27,2%, hanno registrato la variazione negativa più elevata del Paese. Seguono Lucca con il -27, Rovigo con il -26,3 e Massa-Carrara con il -25,3%. Le realtà che, invece, hanno subito le flessioni più contenute sono state Trieste con il -3,2%, Napoli con il -2,7 e, infine, Bolzano con il -2,3%. In termini assoluti le province che hanno registrato le “perdite” più importanti sono state invece Bergamo con -8.441, Brescia con -8.735, Verona con -8.891, Roma con -8.988, Milano con -15.991 e, in particolar modo, Torino con -18.075 artigiani.
Per quanto riguarda le regioni, infine, le flessioni più marcate in termini percentuali hanno interessato il Piemonte con il -21,4, le Marche con il -21,6 e l’Abruzzo con il -24,3% (il Molise è al quarto posto con il suo -20,4%). In valore assoluto, invece, le perdite dpiù significative hanno interessato l’Emilia Romagna (-37.172), il Veneto (-37.507), il Piemonte (-38.150) e, soprattutto, la Lombardia (-60.412 unità).

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