Da qualche giorno, le sponde del lago di Castel San Vincenzo – un’oasi di acqua azzurro cielo che riflette le tonalità della vegetazione e quelle delle montagne delle Mainarde che sembrano tuffarsi – sono meno affollate del solito. Terminato da qualche ora il camp che un’associazione di Campobasso organizza ogni anno in quell’angolo di paradiso. Centinaia di giovani, famiglie con bambini, turisti consapevoli, che hanno rispetto e cura per il luogo e che ogni anno si danno appuntamento al prossimo perché quello è un posto magico. E l’estate al lago di Castel San Vincenzo è stata un’esperienza da ripetere per molte altre centinaia di persone arrivate in Molise per godere della natura, per fare escursioni, stendersi con l’amaca sulle rive del lago e leggere, divertirsi in canoa, riscoprire il valore del silenzio, conoscere i piccoli borghi, l’abbazia.
Potrebbe essere l’ultima estate così. Senza lavori di sbancamento e scavi, senza l’andirivieni di camion, con le acque placide del lago ancora balneabili. Invece, se il progetto andrà in porto, quell’acqua verrà prelevata e poi reimmessa e poi di nuovo prelevata e ancora reimmessa nel lago per potenziare la produzione di energia della centrale idroelettrica di Pizzone. Non garantendo più, è evidente, la sua fruibilità quindi vista la variazione costante del livello delle acque.
Potrebbe essere l’ultima estate se il progetto presentato da Enel Produzione dovesse andare in porto.
Fase di valutazione di impatto ambientale del progetto Pizzone II: l’istanza è stata presentata il primo giugno scorso al Mite, il ministero della Transizione ecologica, successivamente perfezionata intorno alla metà di luglio e inviata alle istituzioni interessate (Comuni, Regioni, Pnalm, etc) il 7 agosto scorso. Ma la scoperta dell’esistenza di tale progetto è roba recente.
Sull’albo pretorio del Comune di Castel San Vincenzo, l’intera e corposa documentazione risulta pubblicata il primo settembre scorso e fra gli allegati c’è anche la missiva con la quale scattano i 30 giorni di tempo per presentare osservazioni. Nota che porta la data della firma digitale apposta il 4 agosto alle 20.19 e che risulta inviata il 7 agosto. Trenta giorni fa.
«Entro il medesimo termine, sono acquisiti per via telematica i pareri delle Amministrazioni e degli Enti pubblici in indirizzo» si legge. Atti inviati (tra i numerosi altri destinatari) nella stessa data – 7 agosto – anche alla Regione Molise, all’Arpa Molise, alla Provincia di Isernia, ai Comuni di Castel San Vincenzo, Pizzone, Montenero Val Cocchiara, Cerro al Volturno, Acquaviva d’Isernia, Rionero Sannitico, Rocchetta a Volturno.
Impianto di generazione e pompaggio, si chiama il progetto: in pratica modificherà e potenzierà l’impianto esistente di Pizzone. Due le regioni coinvolte, Molise e Abruzzo, il territorio della provincia di Isernia in larga parte interessato.
Il progetto prevede la modifica/potenziamento della centrale all’aperto esistente a Pizzone, appunto, che attualmente insiste sui due invasi di Montagna Spaccata e Castel San Vincenzo tramite la realizzazione di una nuova centrale in caverna da circa 300 MW che si affiancherà all’esistente. Pizzone II è dimensionata per sfruttare al massimo le caratteristiche naturali dell’area – si legge nell’istanza protocollata al Mite – «sarà realizzata in una nuova caverna con l’adozione di turbine reversibili (pompa turbina), nuove gallerie e nuove condotte forzate utilizzando i volumi utili disponibili presenti nei due bacini di Montagna Spaccata e Castel San Vincenzo già utilizzati per la centrale esistente di Pizzone. Il progetto prevede l’installazione di due nuovi gruppi reversibili di turbina/pompa ma – avvertono da Enel – lo schema progettuale è stato sviluppato cercando di minimizzare l’impatto ambientale». Non saranno realizzati nuovi bacini perché saranno utilizzati quelli esistenti già concessi per la centrale idroelettrica di Pizzone ma le opere da realizzare, ad un occhio non esperto ovviamente, non sembrano affatto essere poco impattanti. Il procedimento di Via – la valutazione di impatto ambientale – comprende anche la valutazione di incidenza perché il progetto interferisce (si legge proprio così) con aree naturali protette e cioè il Pnalm, il gruppo della Meta, catena delle Mainarde, le cime del massiccio della Meta, il Pantano della Zittola, il fiume Volturno dalle sorgenti al fiume Cavaliere.
Manca nell’elenco, la considerazione dell’iter avviato per il riconoscimento di patrimonio Unesco che coinvolge proprio l’abbazia di San Vincenzo al Volturno e che per essere approvato necessita proprio di una qualità ambientale che potrebbe essere irrimediabilmente compromessa.
Mezzo miliardo di euro per scavare quasi 10 km di nuove gallerie nelle montagne. E poi strade, grandi aree cantiere, un nuovo elettrodotto, la deforestazione a raso, il deposito di centinaia di migliaia di metri cubi di detriti nelle montagne delle Mainarde. Gli stessi elaborati progettuali prevedono la produzione di oltre 900mila metri cubi di rocce da scavo, una parte consistente delle quali dovrebbe essere scaricata per sempre in alcune aree limitrofe, una addirittura all’interno del Parco. Oltre 11 ettari di bosco sarebbero tagliati a raso per ospitare le aree di cantiere della durata di ben 5 anni.
Tutto questo in nome della transizione energetica. Perché, si legge ancora nell’istanza di Via presentata da Enel Produzione al Mite, «il progetto è in linea con quanto previsto dal Piano nazionale integrato Energia e Clima che stima per il 2030 la necessità di almeno 6 GW di nuovi accumuli centralizzato. L’impianto proposto attua pienamente tutte le indicazioni sopra citate e diventa uno strumento prezioso per fornire una serie di servizi fondamentali e basilari per un eventuale sviluppo e penetrazione ulteriore delle energie rinnovabili». ls