Il caso Khaled El Qaisi, il cittadino italo-palestinese arrestato lo scorso 31 agosto in Israele e tutt’ora detenuto, tiene ancora tutti con il fiato sospeso. La moglie campobassana, Francesca Antinucci, dopo l’appello lanciato alle istituzioni per il suo rilascio, ha fornito un ulteriore aggiornamento sulla vicenda insieme al suo legale Flavio Albertini Rossi: «Il 7 settembre, come previsto, si è tenuta a Rishon Lezion a sud di Tel Aviv, l’udienza relativa alla proroga del suo trattenimento in carcere conclusasi con una proroga della detenzione per altri 7 giorni, quando dovrà comparire nuovamente davanti al giudice.
In questa udienza il detenuto e il suo difensore non hanno potuto comparire congiuntamente, finora impossibilitati per legge a vedersi e comunicare. In questa occasione si è appreso del suo trasferimento presso il carcere di Ashkelon.
La nostra viva preoccupazione è rivolta al totale spregio dei diritti di civiltà giuridica operati dalla legislazione israeliana ovvero alla violazione di quelle tutele, comunemente riconosciute in Italia (art. 13-24-111 della Cost.) e in Europa (art 6 CEDU) e in seno all’ONU (artt. 9-14 Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici), la cui osservanza consente di definire un processo “equo” e un arresto “non arbitrario”.
Dopo 9 giorni di detenzione a Khaled è stato impedito di interloquire con il proprio difensore di fiducia e non potrà certamente incontrarlo quantomeno fino al 12 settembre. E’quotidianamente sottoposto a interrogatorio senza la presenza del suo difensore ed è quindi solo mentre affronta domande pressanti poste dai poliziotti nella saletta di un carcere.
Non gli è consentito conoscere gli atti che hanno determinato la sua custodia e la sua possibile durata; non sa chi lo accusa, per quale ragione lo faccia, cosa affermi in proposito.
Anche i motivi del suo arresto appaiono assolutamente generici e privi di specificità, fondati esclusivamente su meri sospetti e non su indizi gravi di colpevolezza.
Tuttavia, ciò che rappresenta maggior ragione di inquietudine e preoccupazione è la facoltà concessa all’autorità israeliana di poter sostituire, in difetto di prove, la detenzione penale con quella amministrativa. Condizione giuridica nella quale si trovano altri 1200 palestinesi ristretti in carcere senza un’accusa formale, senza alcuna prova e senza poter conoscere le ragioni del loro trattenimento.
In considerazione dell’allarmante situazione detentiva di Khaled e del mancato rispetto dei suoi diritti umani si chiede che si faccia tutto il possibile per ottenerne l’immediata liberazione e il suo ritorno in Italia».
Intanto sulla piattaforma Change.org è stata lanciata una petizione per il suo rilascio che ha raccolto già 3.700 sottoscrizioni. L’appello indirizzato al premier Giorgia Meloni al ministro Antonio Tajani e ai sindacati porta la firma dell’associazione “Voci nel silenzio”, in rappresentanza della comunità palestinese di Palermo: «Esprimiamo con forza la nostra più profonda preoccupazione per quanto accaduto nei giorni appena trascorsi al giovane cittadino italo-palestinese Khaled El Qaisi, che attualmente è prigioniero delle autorità israeliane, senza la formulazione di nessuna accusa ed in assenza delle più elementari regole di diritto civile e di giustizia. Senza retorica non nascondiamo che temiamo per la sua incolumità e per le sue condizioni di salute. Per questo chiediamo l’immediata liberazione del connazionale in osservanza rigorosa del diritto internazionale. Khaled è un traduttore e studente di “Lingue e Civiltà Orientali” all’Università “La Sapienza” di Roma, stimato per il suo appassionato impegno nella raccolta e divulgazione e traduzione di materiale storico palestinese, ed è tra i fondatori del Centro Documentazione Palestinese, associazione che mira a promuovere la cultura palestinese in Italia».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.