«La vita è un diritto non un obbligo (…) Il mio futuro so per certo che non sarebbe vita ma sopravvivenza fatta anche di solitudine e di dolori fisicamente intollerabili». L’addio di Davide Macciocco, 40 anni di Termoli, in una lunga lettera – che sconvolge chi non lo conosceva ma desta amore e rispetto oltre a una grande commozione in chi invece ne sapeva il calvario – postata sul profilo Facebook ieri mattina. Prima della procedura di suicidio assistito a Zurigo. «Questa lettera è rivolta anche alle istituzioni italiane affinché non venga preso nessun provvedimento giudiziario nei confronti di chi mi ha semplicemente accompagnato, o meglio… dato un passaggio. Se c’è qualcuno da giudicare quelli sono i politici e il fatto che trovino difficile legiferare sulla morte volontaria assistita». Di fatto in Italia ancora vietata, se non in pochissimi casi.
Tetraplegico da 20 anni, Davide si è rivolto nella primavera del 2022 a Dignitas, associazione elvetica che accompagna alla morte chi è affetto da un male incurabile o da un handicap insopportabile. «Amo la vita ed ecco perché oggi la voglio abbandonare. Quella che attualmente ho vissuto poteva andare anche bene, ma in un futuro prossimo so che sarà intollerabile per me».
5 luglio 2003: è questo il giorno che ha stravolto la sua esistenza, spartiacque irreversibile tra ciò che era prima (divertimento e talento, allegria e tutta la vita davanti) e quel che è stato poi. «Dopo una serata in discoteca con la mia ragazza e gli amici – ha raccontato su Fb – decidemmo di andare a fare un bagno al molo vecchio, in due o tre ci siamo fatti il bagno. Gli altri parlavano, ridevano e scherzavano come sempre. Mi ero quasi asciugato quando avevo deciso di farmi un ultimo bagno tuffandomi dal trabucco. Scavalcai la recinzione, salii sul tetto mi tuffai di testa da un’altezza di circa sei metri. L’acqua quella mattina era alta più o meno un metro e mezzo. L’ultimo ricordo che ho di quel giorno è che dissi a Marianna (la fidanzata, ndr) che non mi sentivo più le braccia e le gambe. Dopo un primo intervento all’ospedale di Termoli mi portarono d’urgenza in elicottero a Pescara dove venni operato. L’impatto con la sabbia aveva rotto la quarta e la quinta vertebra della colonna cervicale».
Cinque giorni di coma farmacologico, al risveglio la “condanna”: tetraplegia completa dovuta alla lesione midollare C4-C5. «Nei primi anni dopo l’incidente ho vissuto più o meno tranquillamente questo handicap, nonostante fosse intollerabile visto il mio carattere e per il mio modo di vivere. Pensavo di essere l’unico ad avere una sorte così avversa ma, quando mi sono ricoverato a Montecatone per la riabilitazione, ho visto che il mio destino era lo stesso di tantissimi altri giovani: chi con un tuffo, chi con incidente in motocicletta o altri incidenti simili».
I genitori, i fratelli, uno dei due in particolare «è stato le mie braccia e le mie gambe». La ragazza di allora che ancora adesso è la prima a fargli gli auguri al compleanno: «Il nostro amore era troppo grande per viverlo in una situazione così diversa da come eravamo in origine». Gli amici più cari, il fisioterapista, il suo cane Djanco. Nell’ora del commiato, Davide non ha dimenticato nessuno. Per ognuno un ricordo, l’evocazione di un’immagine, aneddoti. E sorrisi. E abbracci.
Nella sua seconda vita Davide era diventato agente sportivo di due network, Fantasyteam e SportitaliaBet. Ha avuto successo e soddisfazioni professionali. «Il mio corpo era bloccato ma la mia mente correva». Però con il passare degli anni «la vita è andata sempre peggiorando moralmente e fisicamente senza cercare mai di far pesare questo ad altri». Perciò ha scelto di rivolgersi a Dignitas. Ha deciso da solo e lucidamente. Quest’estate, la ricomparsa di una piaga da decubito che da due anni lo tormentava gli aveva impedito di restare al mare. Costretto a stare lontano dalla spiaggia che aveva continuato a frequentare sempre, dopo quel “maledetto” 5 luglio 2003. «Penso che la vita sia vita quando si può vivere liberamente sia fisicamente che mentalmente. Dipendere totalmente dagli altri anche per un semplice gesto come fumarsi una sigaretta è difficile, non c’è libertà, nessuna autonomia nonostante la mia famiglia abbia sempre assecondato ogni mio desiderio e capriccio. Stare giorni interi con continui dolori e continuare a dire “sì va tutto bene” è una maschera che non riesco più ad indossare. Il dolore non è quello che dici, è quello che taci purtroppo».
Quello di Davide è un testamento morale che ha suscitato un’onda di profonda commozione in tutta la comunità molisana e non solo: «La vita è un diritto non un obbligo. Ciò che conta è vivere con dignità, con decoro e senza paura. Il mio futuro so per certo che non sarebbe vita ma sopravvivenza fatta anche di solitudine e di dolori fisicamente intollerabili. I farmaci ovviamente ti aiutano ma con il passare degli anni i dolori comunque sono sempre più resistenti alla terapia. Tutto il percorso con Dignitas è stato fatto totalmente in serena autonomia! Neanche i miei familiari sapevano esattamente quando stavo fissando la data». Ancora una volta, Davide ha pensato agli altri, ai suoi cari: «Farlo a settembre infatti non è stato casuale. Termoli comunque è una cittadina di 35.000 abitanti e d’estate se ne sarebbe parlato. Quindi per non turbare nessuno, ho cercato di resistere quanto più potevo».
Nessun giudizio, ha chiesto Davide: «Mi sento irreprensibile». L’ultimo viaggio verso il luogo dove la sua vita, che non era più vita, è cominciata appena 40 anni fa. «Per ironia della sorte il mio ultimo viaggio mi porta a morire lì dove sono nato. Zurigo 16 luglio 1983, 15 settembre 2023».
rita iacobucci