Il parere dei governatori, sembra di capire, non sarà dirimente: l’intenzione del governo è quella di proseguire senza indugio nella realizzazione di un Centro di permanenza per i rimpatri in ogni regione.
Le Prefetture e i Comandi regionali dell’Esercito in queste ore stanno analizzando una serie di possibilità, a partire dal patrimonio dei vari Ministeri, per individuare luoghi e strutture – in particolare tra le ex caserme (ma non solo) – da inserire nella lista da consegnare al Comando operativo di vertice interforze (Covi), a cui toccherà trasformare i complessi in disuso in Cpr, realizzando le infrastrutture, come, ad esempio, le opere necessarie a garantire la dignità di chi in quei plessi dovrà trascorrere fino a 18 mesi.
Il presidente Roberti rassicura tuttavia sul coinvolgimento delle Regioni. Ieri, insieme al prefetto, ha incontrato il ministro Piantedosi cha a sua volta ha garantito che «la dislocazione dei centri di nuova istituzione deve avvenire, sentito il presidente della Regione interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l’assoluto rispetto della dignità della persona».
Sul summit romano tra il ministro Piantedosi, il prefetto Lattarulo e il presidente Roberti, una nota della Regione riferisce di «un incontro cordiale e interlocutorio, che ha spaziato su diversi argomenti, inerenti sia la questione migranti sia, più in generale, la situazione sicurezza in Molise».
Il presidente ha anche invitato il ministro per una visita istituzionale in Molise.
Oltre all’eventuale realizzazione di un Centro di permanenza per i rimpatri, si è discusso della previsione di ulteriori misure per l’accoglienza.
«Il Ministero – concludono dalla Regione – al momento sta seguendo l’evoluzione degli sbarchi e monitorando la situazione. Qualora sarà necessario la costituzione di nuovi Cpr, coinvolgerà sicuramente i presidenti di Regione».
Intanto, secondo le indiscrezioni raccolte dal Corriere della Sera (fonte grafico in pagina: corsera.it), in Molise la Prefettura starebbe valutando la possibilità di riattivare un vecchio progetto di cui in passato si è molto discusso: quello delle ormai dismesse casette del villaggio provvisorio di San Giuliano di Puglia.
Costruito in tempi record dopo il sisma del 2002, ha ospitato per diversi anni – mentre era in corso la cosiddetta ricostruzione “pesante” – i residenti del piccolo centro dove il terremoto del 31 ottobre provocò il crollo della scuola Jovine e la morte di 27 bimbi e della loro maestra.
Con il trascorrere del tempo il villaggio è caduto in rovina. Le strutture, realizzate per lo più in legno, risultano fatiscenti e pericolose. Ci sarebbe molto da lavorare per renderle accoglienti e sicure.
L’ubicazione, a qualche chilometro dal centro abitato del piccolo paese, risulterebbe invece perfettamente aderente ai requisiti richiesti dal Ministero: strutture lontane dai centri urbani, perimetrabili e facilmente controllabili.
Dell’idea di rendere nuovamente fruibile il villaggio di San Giuliano si è parlato spesso negli anni. In particolare quando lo stesso è stato destinatario di uno stanziamento milionario erogato dal governo, che – come del resto spesso accade – si è perso nei meandri dei lacci e lacciuoli amministrativi-giudiziari.
Al momento, è chiaro, si tratta di una mera ipotesi. Che tra l’altro nelle scorse ore il presidente Roberti aveva scartato: «Mi è stato detto che il villaggio temporaneo di San Giuliano di Puglia non ha i requisiti. Quindi quell’opzione è uscita dal ventaglio delle possibilità».
Secondo il Corsera, invece, «fra le ipotesi per i nuovi Cpr ci sarebbero soluzioni già prese in considerazione in passato: Pescia (Pistoia), Coltano (Pisa) e Prato in Toscana, altre in province di Modena e Bologna in Emilia Romagna. E ancora nei dintorni di Crotone, di Pescara e L’Aquila, di Campobasso (il progetto a San Giuliano di Puglia), così come di Falconara Marittima e di Caserta. In Veneto sarebbero scattate ispezioni in aree fra Venezia, Treviso e Verona».
Attualmente in Italia sono dieci i Cpr, ma uno, quello di Torino, è chiuso per manutenzione. Gli altri nove si trovano in Puglia (Bari e Brindisi), in Sicilia (Trapani e Caltanissetta), nel Lazio (Roma), in Lombardia (Milano), in Basilicata (Palazzo San Gervasio), in Sardegna (Macomer) e in Friuli (Gradisca d’Isonzo), per un totale di 619 posti.
Come previsto nel decreto legge Sud, i Cpr sono fra le «opere destinate alla difesa nazionale a fini determinati» e potranno essere realizzati con procedure «di somma urgenza e di protezione civile» previste dal nuovo Codice degli appalti.
Il ministro Piantedosi ha fatto sapere – riferiva ieri il Corsera – che «stanno già arrivando proposte che stiamo valutando. Resistenze ci saranno, ma dialogheremo con tutti. Lo faremo cercando di imporre la linea del governo». Ma – sottolineano dal Viminale – saranno «rigettati veti immotivati».
ppm