Un fronte compatto di associazioni ambientaliste, animaliste e culturali prende pubblicamente posizione contro «l’indiscriminato proliferare di allevamenti intensivi» nella Valle del Tammaro che pregiudica «in modo irreversibile ogni possibile sviluppo turistico in un’area dalle enormi potenzialità archeologiche, naturalistiche e di sorgenti oligominerali».
In una nota inviata ai vertici di Regione, Asrem, Arpa, ministeri della Salute, del Turismo, della Cultura e dell’Agricoltura, nonché ai sindaci dei Comuni interessati (Cercemaggiore, Sepino, San Giuliano del Sannio, Guardiaregia, Cercepiccola, Vinchiaturo) e ai Carabinieri forestali le associazioni Italia Nostra, Wwf, Legambiente, Cai, Lipu, Società per la protezione dei beni culturali, Sepino nel cuore, Molise città ideale e Togo Bozzi danno voce alle preoccupazioni dei residenti per «l’improvvisa ed incontrollata crescita di capannoni di allevamenti intensivi avicoli in tutta la Valle del Tammaro, dove si ammassano diversi milioni di polli».
Il tema è stato affrontato durante un convegno sul futuro del Parco archeologico di Sepino lo scorso 31 agosto. Odori nauseabondi avvertiti dai visitatori del Teatro Romano e fino a Sepino, «un segnale di grave pericolo sanitario: i gas prodotti dalla pollina sono rappresentati da ammoniaca, idrogeno solforato, metano, biossido di carbonio e composti volatili organici. Alcune di queste sostanze restano nell’atmosfera per giorni e possono essere trasportate a decine di chilometri di distanza. L’ammoniaca rilasciata nell’atmosfera, reagendo con altre particelle come ossido di azoto e zolfo, promuove la formazione di polveri sottili, il cosiddetto “particolato” più noto come PM 10 e del PM 2,5», denunciano le associazioni.
L’aumento esponenziale di capannoni nella Valle del Tammaro, «che in tanti già chiamano con ironica amarezza “Valle dei Polli”» è stato incentivato «dalle grandi aziende alimentari costrette, da leggi regionali più rigorose e dalle proteste di popolazioni più attente (Emilia Romagna, Marche), a migrare e aggredire territori più permissivi e meno regolamentati».
Una dinamica che senza normative locali e controlli rigorosi può provocare «danni irreversibili per lo sviluppo turistico, per l’ecosistema e infine, ma non ultimo, per l’inquinamento delle falde acquifere, una delle più note ricchezze del territorio matesino che sta irrimediabilmente deteriorandosi».
La rete di associazioni quindi chiede alla Sovrintendenza di «evitare la concessione di ulteriori autorizzazioni nelle aree circostanti ai siti archeologici di Saipins-Terravecchia, del Tempio del IV Secolo a.c. di San Pietro in Cantoni, di Saepinum-Altilia, della Villa dei Neratii, dei siti sanniti del Santuario di Monteverde e di Monte Saraceno»; alla Regione di dichiarare il territorio di Sepino e degli altri Comuni interessati «zona ad alto rischio» ai sensi del decreto del 30 maggio 2023 e di adottare provvedimenti idonei a fermare
«l’ulteriore crescita del distretto avicolo»; all’Arpa e all’Asrem «di valutare con attenzione ogni autorizzazione, stante il contesto creatosi, ed essere vigili nei controlli sull’intero distretto avicolo intensivo per prevenire, nell’interesse di tutti, fenomeni epidemiologici che hanno costretto altre Regioni ad interventi legislativi e di ordine pubblico ed igiene»; infine ai Comuni interessati di aggiornare i piani urbanistici ed evitare la costruzione di altri capannoni.