Gli studi, le ricerche archeologiche, gli scavi, fanno sì che si ritrovino manufatti, oggetti anche di uso comune, che restituiscono tracce di vite vissute da civiltà perdute e, sorprendentemente in grado di testimoniare quanto quel passato ci appartenga e come esso, miracolosamente, si intrecci col nostro presente.
La Società “Dante Alighieri” nella persona del presidente Angioletta Iavasile, è promotrice dell’incontro con il professore Richard Hodges, presidente emerito della “The American University of Rome” e docente di Archeologia all’Università East Anglia, che viene a parlarci del suo ultimo lavoro – storico artistico letterario – “La Pompei del Medioevo – San Vincenzo al Volturno dalle origini al sacco dei saraceni” Carocci Editore, affidandoci la conoscenza di questo nostro importante sito archeologico. L’appuntamento è per domani venerdì 13 alle ore 17.30 presso la Sala della Costituzione in via Milano a Campobasso.
Il forte accento inglese e l’humor tipicamente britannico, spesso sarcastico quando si riferisce al cialtronismo italiano che considera, un vero e proprio vizio della mente, non tradiscono la passione e la rabbia che Richard Hodges da sempre nutre per il complesso di San Vincenzo al Volturno. Esso è tra i più importanti centri monastici medievali di tutta Europa, un patrimonio che gran parte dei molisani non conosce e non immagina che possa rappresentare l’humus attraverso il quale coltivare un futuro per le nuove generazioni, se aspiriamo a immaginarlo votato alla cultura e al turismo grazie proprio alle ricchezze storiche e archeologiche ancora presenti nel nostro sottosuolo.
San Vincenzo al Volturno la cui vicenda storica costituita da alterne vicende è raccontata nel “Cronicon Vulturnense”, codice miniato redatto attorno al 1130, è un monastero benedettino già noto in età longobarda che raggiunse il suo massimo splendore proprio in età carolingia diventando una delle più famose abbazie dell’Occidente cristiano. Posta al confine delle terre conquistate da Carlo Magno venne a trovarsi con l’arrivo in Italia dei Franchi, nel 774, in una posizione geopolitica particolare, in un’area di confine tra la realtà Franca del Nord d’Italia e quella Longobarda del Sud. Dopo la sua distruzione ad opera dei saraceni avvenuta il 10 ottobre del 881 di essa scomparve quasi ogni traccia e, a seguito del definitivo abbandono da parte della comunità e l’acquisizione del territorio da parte dell’abbazia di Montecassino venne del tutto dimenticata. Strana la storia del ritrovamento dell’insediamento, uno tra quelli che Carlo Magno andava realizzando disseminandoli in tutta Europa e che ottenne, dietro sua concessione, un diploma attraverso il quale ad essa, divenuta nel tempo una vera e propria città monastica, venivano non solo confermati tutti i possedimenti, ma anche il privilegio di poter eleggere il proprio abate e godere di immunità fiscale e giudiziaria usufruendo di grandi vantaggi politici ed economici.
Tra il XVIII e il XIX secolo, gli edifici romanici sulla riva destra del Volturno vennero progressivamente saccheggiati dagli abitanti della zona che, come è accaduto per Altilia, hanno sottratto pietre, reperti, per edificare le proprie case. La vera svolta avviene il 10 maggio del 1832 allorché ad un contadino di Castel San Vincenzo capitò di imbattersi in un ambiente sotterraneo affrescato (la tomba di Epifanio) risalente al IX secolo. Tuttavia dovettero trascorrere molti anni, oltre un secolo caratterizzato da due pesanti guerre mondiali prima che qualcosa di serio fosse destinato al recupero del sito. Richard Hodges, allora lecturer di archeologia Medievale presso l’Università di Sheffield arriva in Molise nel 1979 chiamato dal Soprintendente dell’epoca Bruno D’Agostino deciso ad avviare una seria campagna di scavi nei pressi di quella cripta di Epifanio venuta alla luce in modo così imprevedibile. L’archeologo inglese (al quale si è altrettanto prodigiosamente affiancato John Mitchell archeologo storico dell’arte anche lui affascinato da San Vincenzo al Volturno, che sarà presente alla serata di venerdì) si propose di pervenire ad una lettura esaustiva dell’assetto generale del monastero altomedievale ma anche di definire il rapporto intercorrente tra il monastero e le sue proprietà fondiarie.
Dicevamo che la storia di questa Abbazia si intreccia con la nostra di oggi e quella dell’altro ieri. Facciamo l’esempio dell’euro che dal 1999 è la moneta ufficiale degli Stati membri dell’Unione Europea che noi, piuttosto che denaro, consideriamo responsabile della nostra povertà. Ebbene essa ha un precorritore in una moneta argentea raffigurante Carlo Magno, il primo, proprio attraverso la monetizzazione carolingia, a compiere la riunificazione monetaria dell’Europa. E il Premio “Karlspreisder Stadt Aachen”? È un premio annuale conferito dalla città tedesca di Aquisgrana attribuito a personalità e politici che hanno dimostrato di possedere meriti nel favorire l’integrazione e l’unificazione europea. Questo Premio è stato istituito la notte di Natale del 1949, ad Aquisgrana, proprio per ricordare Carlo Magno incoronato imperatore del Sacro Romano Impero, da Papa Leone III nella notte di Natale dell’800.
A noi molisani, alla classe politica non resta altro che impegnarsi facendo in modo di onorare quelle che erano le intenzioni di Carlo Magno e fare del sito, ormai conosciuto e oggetto di studio non solo in Europa ma in tutto il mondo, la chiave con la quale il Molise può ambire al diritto di far parte dell’Europa.
Vittoria Todisco