È indagato per maltrattamenti il marito della giudice Francesca Ercolini, che si tolse la vita a Pesaro il 26 dicembre di un anno fa.
Una svolta inaspettata per i più (non per la famiglia della donna), che lascia il Molise attonito. Francesca Ercolini era la nipote di Angela Fusco Perrella, ex consigliera regionale scomparsa nel 2021.
È il cugino Carlo Perrella, figlio di Angela, a consegnare a Fabrizio Caccia del Corriere il ricordo delle ore tremende dopo il suicidio e i sospetti che nutriva. «Parlai all’obitorio di Pesaro con la sua donna delle pulizie, quel giorno mi raccontò tutto il dramma di Francesca, la sua crisi, la sua profonda depressione per ciò che era costretta a subire da tempo, la violenza del figlio adolescente, le stranezze del marito avvocato…», lo sfogo dell’ex assessore comunale di Bojano e oggi commissario di alcune comunità montane.
Francesca, 51 anni, era presidente di una sezione civile del Tribunale di Ancona. Il gesto estremo, a casa, il giorno di Santo Stefano intorno a mezzogiorno. A trovare il corpo furono il marito e il figlio rientrando dalla pasticceria.
Lorenzo Ruggeri, questo il nome del marito, ha 56 anni, è un avvocato civilista molto famoso nella sua città e, per evitare incompatibilità di tipo professionale, Francesca aveva chiesto il trasferimento a Ancona. A indagare su di lui è la Procura dell’Aquila, competente sui casi che riguardano i magistrati delle Marche. Un altro fascicolo è aperto presso il Tribunale dei Minori a carico del figlio quindicenne della coppia: è accusato di concorso nel reato.
Secondo l’accusa, «il marito avrebbe sottoposto la donna “a una vita non conforme alla normale esistenza”. Gli inquirenti hanno raccolto soprattutto le dichiarazioni di alcuni familiari, fornite in sede di sommarie informazioni, a partire dalla mamma Carmela che vive a Campobasso, la città natale di Francesca Ercolini. Con la madre lei si scriveva ogni giorno, le mandava WhatsApp, video, prezioso materiale che si è conservato “per mezzo di quotidiano backup — così annota la Procura dell’Aquila — consigliato dalla vittima “perché se ne abbia memoria”… Dalle chat sarebbero emerse tracce inequivocabili di lividi ed escoriazioni su varie parti del corpo, che “sarebbero il risultato delle violenze domestiche cui era sottoposta la donna”, scrive chi indaga», si legge sul Corriere.
Un ricordo simile lo ha anche Carlo Perrella: «Venne ad agosto dell’anno scorso a inaugurare un busto dedicato a mia madre (…). Io stesso mi accorsi di certi lividi in volto. Il figlio ha dei problemi ma lei non ne voleva parlare».
Prima dell’avviso di conclusione delle indagini, la procura aquilana si è divisa. Il primo sostituto che si è occupato del caso aveva chiesto la custodia cautelare in carcere a carico di Ruggeri per presunti tentativi d’inquinamento delle prove. L’istanza fu respinta dal capo dell’ufficio che assegnò il fascicolo a un collega. Di questa “battaglia”, scrive Caccia, è stato informato pure il Csm.