«Nel maggio 1944 mi trovavo come ufficiale dei carabinieri in servizio ad Imperia come comandante di gruppo da cui dipendeva la compagnia di Sanremo che aveva a sua volta alle dipendenze la stazione dei carabinieri di Ventimiglia. Verso la metà di maggio appresi che la polizia a Ventimiglia stava operando degli arresti tra i componenti dell’Arma».
Quattromila ebrei scampati allo sterminio in poco meno di un anno dal 1942 al ’43, una cifra enorme, nulla però rispetto al numero – tutt’ora imprecisato – di uomini, donne, bambini vittime dell’Olocausto annientati nel modo più scellerato e crudele, attraverso unaoperazione di bieca strategia politica mirata a liberare il mondo da una razza umana invisa.
Da poco abbiamo conosciuto le gesta eroiche di Massimo Tosti il carabiniere molisano che salvò quattromila ebrei quand’ecco comparire un altro prezioso documento rintracciato in Liguria da Nicola Felice, appassionato studioso oltre che onesto quanto scrupoloso ricercatore. Si tratta di un verbale relativo all’istruzione sommaria di un processo che vedeva come imputato Tosti, accusato di collaborazionismo col governo fascista per aver aderito, seppure in forma coercitiva alla Repubblica di Salò. Si tratta di un verbale di interrogatorio stilato alla presenza del Pubblico Ministero di allora, Sebastiano Ventura, dalle cui risultanze sarebbe scaturita la decisione di un rinvio a giudizio, o la sua completa riabilitazione. Processo il suo come molti altri che non ebbe mai luogo per l’avvenuta amnistia Togliatti del 22 giugno del ’46 che funzionò come un colpo di spugna cancellando di fatto delitti e stragi perpetrati durante il periodo fascista, ma la situazione di Tosti rimase in sospeso tant’è che dovette vivere difficili e dolorosi mesi – prima di una completa riabilitazione – con sulle spalle il carico di un’accusa infamante.
Dalla lettura del documento non solo si evince la ferma lucidità del Comandante Tosti nel confutare tale accusa, ma dal verbale dell’interrogatorio si apprende che ebbe il coraggio di operare un salvataggio, non in modo clandestino come aveva fatto per mesi, ma guardando dritto negli occhi un comandante della Gestapo, facendosi consegnare cinque carabinieri e altri civili accusati di essere “comunisti” salvandoli in questo modo dalla deportazione.
Questo documento arricchisce ancor più di coraggio e senso di umanità la vicenda di un servitore dello Stato che seppe scegliere da che parte stare mentre il suo, il nostro Paese, già dal 1938, con l’emanazione delle leggi razziali volute da Mussolini, sprofondava nel più vergognoso capitolo della storia fascista rendendosi complice della persecuzione e cattura di inermi cittadini, anche se italiani, ritenuti non appartenenti alla razza ariana considerata superiore.
Il Comandante Tosti non avrebbe mai voluto si sapesse del ruolo svolto per salvare quella numerosa porzione di umanità dolente rifugiata nella Francia occupata né dei pericoli occorsi per aiutare i partigiani però di fonte ai suoi superiori fu costretto a farlo. «Questa notizia – si legge nel documento dell’interrogatorio cui fu sottoposto Tosti – mi fu data verso le 2 antimeridiane da un certo vice brigadiere Andreoli che venne a chiedere il mio aiuto a nome del sottotenente Romano il quale si trovava già sul posto a Ventimiglia. Anch’io immediatamente mi recai a Ventimiglia e nella sede del Commissario di P.S. del posto trovai, l’allora questore Durante che mi comunicò che aveva disposto il fermo di cinque carabinieri perché sospettati di appartenere ad una cellula comunista. Io feci osservare che il fermo era… (e qui il termine sul documento non si legge in modo chiaro) perché della cosa avrebbero dovuto occuparsene i diretti superiori degli indiziati che in ogni caso avrebbero dovuti essere presumibilmente avvertiti. Se non che alla mia opposizione intervenne un tale il cui nome non conosco, sui 40 anni, che si qualificò come uno dei capi della polizia tedesca diffidandomi dall’ intervenire obbligandomi a non ingerirmi nella vicenda in quanto lui aveva i più ampi poteri ed io inoltre non godevo completamente della sua fiducia. Costui si palesò come capo di quell’operazione arrivando ad impartire ordini anche al Questore. L’unico scrupoloso esecutore degli ordini che costui dava era il Commissario Marchetti che procedette non solo al fermo dei cinque carabinieri ma anche di altre persone».
Tuttavia il Comandante Tosti riuscì a fare in modo che gli arrestati non venissero consegnati alla SS, né estradati. Rimasero in Italia, in Liguria e Tosti riuscì a procurare loro aiuto grazie alla collaborazione che aveva con Angelo Donati anch’egli ebreo, banchiere, mecenate un vero e proprio cospiratore residente a San Marino che riuscì a togliere dalle grinfie dei nazisti centinaia e centinaia di ebrei procurando salvacondotti e, domicili segreti sicuri.
«Teatro delle gesta di questo nostro e, per sua precisa scelta – finora sconosciuto Eroe – è quella porzione di territorio francese occupato dall’Esercito Italiano e dalle truppe tedesche durante gli undici mesi che vanno dal novembre del 1942 al settembre del ’43 dopo la resa della Francia ormai sconfitta dalla Germania. Spesso gruppi di ebrei riuscivano a sconfinare dai luoghi di restrizione arrivando in Liguria dove trovavano il conforto di un’accoglienza amica».
A ripercorrere questa storia dolorosissima ma anche esaltante che rende merito all’Esercito Italiano e all’Arma dei Carabinieri provvede Giuseppe Altamore con il suo bel libro: “A testa Alta” dell’edizioni San Paolo che racconta la storia del Comandante Tosti ma anche le gesta di tanti uomini di coraggio che gli hanno prestato il fianco per salvare migliaia di individui da quell’orrore che sì, ha visto i nazisti operare come carnefici, ma è stato un delitto contro l’umanità che si è avvalso anche della regia degli italiani. Tuttavia ci sono state delle eccezioni. Molti ebrei scamparono alla cattura grazie alla Delasem (acronimo di Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei) operativa in Liguria, in un’area geografica dove l’aiuto dell’allora Capitano Tosti era molto intenso consentendo a queste povere famiglie di risparare in Svizzera. Molti altri nuclei familiari italiani furono invece catturati, specie dalle parti del Lago Maggiore finendo depredati, uccisi e gettati nel lago.
Scrive Altamore: «Nell’esercito e tra i carabinieri, comunque covava un sentimento antifascista che di lì a poco avrebbe rappresentato una delle componenti più solide della Resistenza. “Ben prima dell’8 settembre 1943 i soldati avevano capito con chiarezza di detestare il fascismo”, ha dichiarato pochi anni fa Raimondo Luraghi ufficiale della IV Armata dell’esercito italianosecondo il quale la Resistenza nacque proprio tra le fila dell’Esercito Italiano».
Concorsero in molti, persone importanti e umili conoscenti nel testimoniare sulla rettitudine quale uomo dello Stato di Tosti e favorirne la riabilitazione e il reintegro nei ranghi dell’Esercito Italiano comunque, fu sempre un periodo dolorosissimo e carico di ansie. Da quel momento in poi la vita scorre tranquilla, ritrovando e frequentando i graduati di un tempo divenuti amici come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa con il quale trattene rapporti di amicizia per tutta l’esistenza.
Massimo Tosti nasce a Campobasso il 13 febbraio del 1901. Primogenito di una famiglia con addentellati alla nobiltà di quell’epoca, i Duchi Tosti di Valminuta riconosciuti da Re Carlo di Borbone quale “famiglia di antica nobiltà” e quindi aggregati, nel 1736, alla nobiltà di Gaeta e, nel 1880, elevati al titolo di Duchi. Suo padre Ernesto, l’ingegnere o meglio il Cavaliere Tosti come era comunemente noto in città – uomo tutto d’un pezzo – ricopriva il ruolo di capo ufficio tecnico provinciale. La madre, la signora Emilia Cianci vantava essa stessa origini nobili. Il Cavaliere Tosti sognava per suo figlio una splendida carriera nel solco della tradizione familiare sogno non condiviso dal giovane Massimo che sentiva pulsare nel suo animo uno spirito patriottico tant’è che a soli 17 anni, il 4 ottobre del 1918, intraprese la carriera militare quale soldato nel 39° Reggimento di Fanteria partecipando, sebbene minorenne, alle operazioni della Prima Guerra Mondiale. Terminata la guerra chiese di potersi arruolare e venne posto in servizio nell’Arma dei Carabinieri e destinato alla Legione di Napoli.

Vittoria Todisco

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.