Si apre anche in Molise il dibattito sull’Autonomia differenziata. Convocata per domani mattina la seduta monotematica del Consiglio regionale che discuterà di un solo punto in agenda, quello del disegno di legge approvato il 23 gennaio scorso dal Senato con 110 voti favorevoli, 64 contrari e tre astenuti. Il provvedimento è ora al vaglio della Camera dei Deputati per ottenere l’approvazione definitiva prima delle elezioni europee di giugno. Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli (Lega) ha proposto una drastica riduzione delle materie di competenza esclusiva dello Stato. Qualora il disegno di legge dovesse passare così com’è sarebbero ridefiniti ancora una volta i rapporti tra lo Stato centrale e le Regioni a statuto ordinario che potrebbero richiedere l’autonomia su 23 materie.
A sollecitare un dibattito su un tema che ha registrato un forte dissenso soprattutto nel Mezzogiorno, per le ricadute che questa riforma avrebbe sui cittadini soprattutto per materie delicatissime come la salute e la scuola, sono stati i consiglieri di opposizione a Palazzo D’Aimmo Micaela Fanelli, Alessandra Salvatore, Vittorino Facciolla, Andrea Greco, Roberto Gravina, Angelo Primiani e Massimo Romano.
Intanto sul territorio le spinte contrarie al progetto Calderoli sono molto forti tant’è che si è già costituito in Molise il Comitato Spontaneo denominato “Autonomia differenziata, l’Italia che non vogliamo” con lo scopo d’impedire che il disegno di legge 615, proposto dalla Lega e appoggiato da tutta la maggioranza del governo Meloni, diventi definitivamente legge dello Stato italiano. In un manifesto ecco spiegate le ragioni del dissenso.
«Dopo l’idea di una secessione progettata da Bossi e Miglio ora una borghesia miope ed egocentrica propone che le Regioni possano richiedere in maniera differenziata potestà legislativa e gestionale attraverso una contrattazione con lo Stato su possibili ventitré materie alcune delle quali riguardano servizi concernenti diritti fondamentali dei cittadini come l’istruzione e la tutela della salute. Già la differenziazione della gestione di tali prestazioni a livello di singole Regioni lede il diritto all’eguaglianza dei cittadini previsto nella Costituzione Italiana e lascia chiaramente intravvedere i termini per un’impugnazione del Disegno di Legge presso la Corte Costituzionale. Hanno scritto che bisogna definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni previsti per 14 delle 23 materie di gestione autonoma regionale e garantirli equamente sul territorio nazionale, ma abbiamo tutti un po’ di memoria e di saggezza per attenzionare l’opinione pubblica sull’aggettivo dai possibili equivoci “essenziali” al posto di “uniformi” e su eventuali scelte che i servizi vengano definiti a un livello talmente minino da non assicurare più diritti essenziali in maniera omogenea e qualitativamente efficiente a tutti i cittadini e sull’intero territorio nazionale. Abbiamo vissuto l’esperienza dei Livelli Essenziali di Assistenza nella sanità per avanzare tali timori perché rammentiamo bene cosa sono stati durante la pandemia e sono tuttora i servizi per la tutela della salute nella maggior parte delle Regioni. Oltretutto anche una garanzia solo indispensabile delle prestazioni richiederebbe secondo uno studio dello Svimez tra 80 e 100 miliardi di euro che uno Stato indebitato come l’Italia non si capisce dove dovrebbe trovare. Per le Regioni che non chiederanno l’autonomia differenziata è previsto un fondo perequativo di cui ancora una volta non si determina alcuna consistenza economica. La frammentazione delle competenze a livello locale creerebbe sicuramente problemi economici e regolativi per aziende con sedi in più regioni, ma anche pericolose disuguaglianze salariali come nella erogazione dei servizi e quindi nell’accesso ai diritti fondamentali. La stessa possibilità di trattenere parte del gettito fiscale sul territorio, senza ancora sapere in quale misura, impedirebbe così una sua equa redistribuzione su tutti i territori creando difficoltà e discriminazioni. Tutto ciò semplicemente non assicurerebbe più il principio di uguaglianza né l’unità giuridica ed economica del nostro Paese aumentando oltretutto l’apparato burocratico e la disuguaglianza tra i territori con la penalizzazione soprattutto di quelli più poveri. Tra queste disparità deleteria risulterebbe la differenziazione a livello di istruzione e gravissima la polverizzazione delle politiche di tutela ambientale come dell’immenso nostro patrimonio storico-artistico. Il Comitato Spontaneo si oppone a tale progetto sciagurato di una borghesia figlia di un capitalismo decadente che ormai vive più di rendite finanziarie attraverso i paradisi fiscali che di lavoro produttivo e mira ora non a un regionalismo solidale ma competitivo per l’appropriazione di potestà legislativa e gestionale in servizi che possano garantire ancora privatizzazioni e profitto. Le strategie di opposizione a un provvedimento iniquo che è parte di un progetto di costruzione di una società priva dei principi di democrazia, eguaglianza e condivisione riguarderanno in primo luogo il coinvolgimento della popolazione in una riflessione e confronto sul tema in tutte le comunità molisane che lo chiederanno, a partire dai Comuni che saranno vittime anch’essi del regionalismo differenziato; in secondo luogo la richiesta formale al presidente Sergio Mattarella di non firmare il Ddl 615 dichiarandone l’incostituzionalità e rinviandolo al Parlamento; infine l’impugnazione dello stesso per profili di incostituzionalità e in ultima istanza la preparazione di una richiesta perché venga almeno sottoposto a referendum».

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