Si fa sempre più ampio anche in Molise il fronte contro la riforma Calderoli, meglio conosciuta come “autonomia differenziata”.
Preoccupato dalle conseguenze – quelle sulla scuola in particolare – il sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione (Snadir) chiama in causa la Chiesa locale.
In una lettera aperta, l’organizzazione chiede ai quattro vescovi molisani di prendere posizione così come ha fatto Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli.
Eccellenze Reverendissime – scrivono dal sindacato –, è in corso nel Paese un dibattito intorno al disegno di legge sull’autonomia differenziata: la legge voluta dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, attua quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione che attribuisce alle Regioni forme e condizioni particolari di autonomia in 23 materie, tra cui la scuola. Il che significa allargare ancora di più la forbice dell’Istruzione nel Paese fra chi è già avanti e chi arranca indietro. E a poco valgono i Lep se non supportati da una gabbia di garanzia vera di cui attualmente difettano. Un inno al regionalismo impazzito le cui conseguenze sono già ben visibili nella sanità. Lo stesso avverrà con la scuola: con uno smantellamento della scuola statale a favore delle scuole private, ossia a favore di scuole e istituti riservati. Un altro regalo di cui nessuno (tranne pochi) avvertivano il bisogno, a chi può permettersi rette da migliaia di euro, con ovvie conseguenze sul livello sociale e culturale delle nuove generazioni, a vantaggio di qualcuno, contro tutti gli altri e un colpo di maglio inferto sulla nostra stessa democrazia. Non vogliamo assolutamente che la regionalizzazione della scuola porti ad uno stravolgimento del sistema scolastico unitario perché a farne le spese sarebbero prima di tutti i ragazzi e le ragazze che hanno il sacrosanto diritto di divenire cittadini consapevoli e dunque liberi e che questo diritto lo vedono calpestato da questa riforma.
Non solo: la regionalizzazione della scuola comporta concorsi basati sull’autonomia delle Regioni, una dirigenza scolastica regionalizzata, contratti regionali, stipendi diversificati in base al territorio, limitazioni alla negoziazione sindacale e altro ancora. Questa è una minaccia al nostro sistema nazionale di istruzione, portando a differenze significative tra Regioni in termini di inquadramenti contrattuali, retribuzioni, reclutamento e percorsi educativi.
Gli articoli 33 e 34 della Costituzione dicono chiaramente che le caratteristiche del nostro sistema scolastico devono essere applicate in modo uniforme in tutto il Paese. Il progetto di regionalizzazione firmato dal ministro Calderoli mette a rischio principi fondanti della Carta Costituzionale che impongono un adeguato livello di istruzione per tutti, con particolare attenzione alle aree svantaggiate. L’autonomia differenziata determina un Mezzogiorno schiacciato, un Paese in frantumi, una sperequazione senza precedenti.
Eccellenze Reverendissime, pure nella nostra piccola Regione si è aperto un dibattito soprattutto nella società civile, mentre tutti attendono che anche la Chiesa locale si pronunci su questo argomento.
Occorre, dunque, agire con determinazione per diffondere e promuovere le buone idee che amano la nostra Costituzione, che sacralizza e scolpisce il rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Ora se ognuno percepisce che tali diritti sono affievoliti, non dobbiamo smantellare la Costituzione, bensì rafforzarla con vigore, affinché ogni cittadina e cittadino della nostra grande Repubblica siano veramente e indiscutibilmente garanti nei diritti che la Costituzione stessa prevede.
Eccellenze Reverendissime, parlando della nostra Carta Costituzionale ci sovviene in soccorso il discorso pronunciato nei giorni scorsi dall’Arcivescovo di Napoli monsignor Domenico Battaglia che ha bocciato sonoramente la legge dell’autonomia differenziata.
Eccellenze Reverendissime, come Snadir Molise che raggruppa i docenti di religione, auspichiamo una ferma presa di posizione anche della Chiesa locale proprio sull’esempio dell’Arcivescovo di Napoli. Per questo appare doveroso riportare i passaggi più significativi dell’appello lanciato da monsignor Battaglia: «Lo sottolineo, oggi particolarmente, “Repubblica Democratica”, dove il sostantivo significa una cosa sola: unità del Paese nell’eguaglianza. Certamente non è il titolo formale della legge, quello assegnatole finora, ma “autonomia differenziata”, che sembra doversi leggere come intera parola e senza soluzione di fiato, per come ne sottende il significato, contiene nel suo corpo la divisione, intesa come volontà egoistica e come perverso progetto politico.
La volontà egoistica dei ricchi e dei territori ricchi, il progetto, antico di poco più di quarant’anni fa, di dividere l’Italia, separando il suo Nord, divenuto opulento con le braccia e l’intelligenza dei meridionali, da quel Sud impoverito dalla perdita di risorse, di forze fisiche e intellettuali, svuotato progressivamente di fondamentali sue ricchezze al posto delle quali sono arrivati a fiumi inganni e false promesse. I promotori e sostenitori di questa legge, incollano, con una certa superbia, questa “vittoria” all’articolo della Costituzione, che attendeva dalla sua nascita di essere realizzato anche in quel punto in cui si dovrebbe completare l’assetto dello Stato, la promozione dell’autonomia dei territori. Mi permetto di eccepire, rinunciando ad entrare nel vivo di una polemica politica, che non mi piace tra l’altro in quanto duramente strumentale, che questa affermazione non è vera. Lo dice la stessa parola, “differenziata”. È evidente che essa significhi che l’autonomia non è uguale per tutte le regioni, che essa, appunto, si differenzia tra quelle forti, che con l’autonomia diventeranno più forti, dalle Regioni deboli, che paradossalmente diventeranno più deboli. Insomma, si realizza, anche nelle istituzioni, quella dinamica apparentemente incontrollabile, che legittima l’ingiustizia più grave. Quella che fa i pochi ricchi nel mondo più ricchi e il 90 percento degli esseri umani più poveri. C’è anche un fatto che rende più grave la decisione del Senato e delle forze politiche che l’hanno determinata. Questa trasformazione nel Paese avviene quando due debolezze si intrecciano pericolosamente, quella della politica e quella del Meridione. Basterebbe solo questo per accendere le menti più attente e i cuori più sensibili. E per comprendere meglio che quella parola accompagnata dal più breve articolo, incomprensibile per la povera gente, i Lep (anche questa a coprire la furbizia dei potenti), risulterà ingannevole anche quando lo Stato, che non ha più soldi, trovasse i tanti miliardi che servirebbero per attuarli. Le leggi non si fanno per il tempo politico di chi le vara. Si fanno per tempi lunghi, quelli che vanno a incontrare la vita dei nostri ragazzi. Aprono il futuro più che gestire il presente. La preoccupazione, pertanto, e che nel domani del compiersi pienamente questo malinteso articolo della Costituzione, la logica della differenziata manterrà le differenze, mentre si allargherà la forbice della duale separatezza del territorio nazionale e del sentire stesso il Paese. Occorre, invece, cambiare il nostro sguardo e quello delle istituzioni, invertendo la sua direzione. Il vero inizio del buon cambiamento si avrà quando tutti partiremo dal Sud. È uno sguardo culturale prima che politico. Muove dal cuore. Per una sola volta almeno restiamo qui, quelli che ci siamo e gli altri, che sono “lontani”, scendano qui. Idealmente si diventi tutti insieme Sud per coglierne tutto il dolore e insieme tutta la sua grandezza. Il dolore, che porti alla riparazione dei torti subiti, pur non senza nostre colpe. La grandezza, per fare più ricca tutta l’Italia con il prezioso contributo, anche produttivamente economico, del Mezzogiorno. Io, prete, sono del Sud non solo perché sono nato in un piccolo paese che dalle sue colline guarda il mare e al mare nostro si porge con la generosità della nostra antica accoglienza. Sono del Sud, non solo perché ho lavorato sempre lì, studiato lì, servito il suo popolo lì. Sono del Sud, non solo perché, per volontà del Pontefice e per grazia di Dio, sono Vescovo nella più grande Città del Sud. Io sono del Sud perché sono Sud. E lo sono perché condivido tutto il suo palpitare d’anime, tutto il suo sentire umano, tutta la sua grande forza creativa. Tutta la sua tristezza e il suo dolore. E tutta la sua allegrezza nella gioia di vivere. Nell’Amore. Per tutto il mondo. Amore che si nutre anche della speranza, che questo mondo, così apparentemente difficile, potrà cambiare. A partire dal più nostro piccolo, che è il cortile della nostra vita. E dall’Italia, il giardino più bello. Che il Vangelo e la Costituzione, in questo tempo complesso e difficile, che chiede la generosità e l’impegno politico di tutti, ci tolgano il sonno, rendano inquieti i nostri riposi, divengano un peso sulla nostra coscienza, fino a quando ogni riforma e ogni legge, anche la più piccola, non sia orientata al bene di tutti, iniziando dai più fragili, che un giorno scopriremo essere la cosa più preziosa che ci era stata data in dono dalla vita, la culla più adatta a gestire la nascita di una comunità rinnovata, fondata sulla solidarietà, sulla giustizia, sulla pace».
Eccellenze Reverendissime, nella speranza di leggere la Vostra presa di posizione sulla legge dell’autonomia differenziata, che se passasse darebbe il colpo di grazia alla nostra piccola Regione, come Snadir Molise annunciamo che siamo pronti ad agire.