Sbaglia chi pensa che il turismo delle radici sia soltanto il viaggio degli zii d’America di una volta. Il turista delle radici è colui che si definisce tale. Che magari non è italiano né italo discendente, ma che vuole visitare l’Italia perché sente che un pezzo della sua vita è legato al Belpaese. Ritorno, dunque, e scoperta – di luoghi, profumi, musica, cibo – sono elementi essenziali di questo particolare tipo di turismo, che quest’anno viene promosso con il progetto del Ministero “2024 anno delle radici italiane nel mondo”. E che in tutto il Paese può generare una spesa che supera gli 8 miliardi.
Per il Molise, un’occasione da non perdere a patto di capire cosa cercano i turisti delle radici. Che sono, è emerso nel convegno organizzato ieri da Confcommercio, «uno, nessuno e centomila» per usare una metafora letteraria.
Nella sede regionale dell’organizzazione di categoria sono stati presentati i risultati degli approfondimenti dedicati al turismo delle radici in collaborazione con Swg, TRA Consulting e Italyrooting consulting. I lavori, aperti dal presidente di Confcommercio Molise Angelo Angiolilli, hanno offerto un’attenta analisi dei tre livelli di approfondimento realizzati a una sala assai gremita (è stato necessario aggiungere posti in sala), segno che l’interesse di operatori turistici, amministratori locali e promotori del “marchio Molise” è molto elevato.
Lo studio presentato ha messo insieme i risultati di un’indagine sul valore economico, di una ricerca demoscopica su turisti attuali e potenziali e di un’analisi qualitativa, queste ultime due realizzate con interviste in Australia, Argentina, Brasile, Canada, Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Spunti e riflessioni sono stati illustrati dal responsabile Turismo di Confcommercio nazionale Alberto Corti, dall’Head of research di Swg Riccardo Grassi, dall’esperta di turismo delle radici Letizia Sinisi e da Costanza Travaglini, coordinatrice regionale Molise dell’apposito progetto del Pnrr. Roberto Santella, di Confcommercio Molise, ha analizzato l’andamento e le tendenze in regione. Dopo il dibattito, le conclusioni sono state affidate alla direttrice dell’organizzazione Irene Tartaglia.
I principali mercati di riferimento per il turismo delle radici del nostro Paese sono gli Stati Uniti (con una spesa turistica all’estero che ogni anno vale 118 miliardi di euro e l’Italia è la seconda delle principali destinazioni di viaggio intercontinentali), il Canada (32 miliardi di euro di spesa turistica), Argentina e Brasile (milioni di abitanti hanno origini italiane), Australia (si stima che gli australiani spendano in turismo delle radici diretto in Italia circa 210 milioni di euro), infine Regno Unito, Francia e Germania (per i tedeschi l’Italia è la prima destinazione internazionale).
Il segmento del turismo delle radici, si legge nel rapporto, «non è facilmente identificabile e non è perfettamente sovrapponibile a quello identificato con motivazione di viaggio “visita parenti e amici”. Se consideriamo solo questa motivazione di viaggio, si arriva a circa il 15% della spesa dei turisti internazionali in Italia». La spesa può superare in Italia gli otto miliardi annui, di cui i Paesi considerati nello studio costituiscono il 55% con 4,5 miliardi all’anno.
Per avere una contezza più esatta del fenomeno Swg ha utilizzato un questionario strutturato somministrato a 523 italiani e italo discendenti residenti nei principali bacini già menzionati e 15 video interviste rivolte sempre a italo discendenti impegnati e attivi nelle comunità italiane dei Paesi target (fra cui l’avvocato Morsella che ha le sue origini a Duronia).
Lingua e cibo sono ancora due grandi legami. Inoltre, se per i migranti di prima generazione tornare in Italia è soprattutto un modo per riconnettersi con la propria storia individuale e consentire ai figli di sperimentare in maniera diretta i racconti dei genitori, per quelli di seconda e terza generazione (che sono gli “italo” qualcosa) il desiderio di venire in Italia discende dalla voglia di riscoprire una componente della propria identità. Il 60% degli intervistati ha dichiarato di aver svolto ricerche genealogiche sulle radici italiane della famiglia.
La ricerca Swg ha identificato quattro “personas”. C’è il nostalgico, trasferitosi all’estero durante l’infanzia, vuole l’Italia di un tempo: quindi l’albergo diffuso, i borghi, i luoghi della memoria personale. C’è poi l’ambassador, che è in costante contatto con i suoi due mondi e per gli operatori turistici italiani «deve essere il migliore amico», vista l’influenza che ha nella comunità di adozione. E, ancora, il discendente che sente di avere radici italiane ma non è italiano. Ha bisogno di un percorso di viaggio strutturato: il paese di nonni, certo, ma anche Roma, Firenze. Infine, il curioso, giovane, vuole fare esperienze immersive (tour del vino, enogastronomici, culturali).
Per l’Italia e il Molise, l’impatto potenziale del turismo delle radici è assai rilevante. Bisogna muoversi, però, «con una logica programmatoria e sistemica che coinvolga tanto le comunità italiane nel mondo quanto le amministrazioni locali dei luoghi con i più alti tassi di emigrazione, fino al mondo delle imprese private e delle agenzie di viaggio». Il turismo delle radici, è la conclusione del rapporto, «non può essere né improvvisato né lasciato all’autorganizzazione del singolo, ma ha bisogno di trovare supporto alla pianificazione per consentire di vivere al meglio l’esperienza ricercata».

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