Nei prossimi dieci anni il Molise potrebbe far registrare una perdita della popolazione in età lavorativa, 15-64 anni, di circa 23mila unità (-12,69%) passando da 181.071 del primo gennaio 2024 a 158.091 (gennaio 2034).
La stima è contenuta nel consueto dossier settimanale della Cgia di Mestre (elaborato su dati Istat) che individua le ragioni di questo crollo nel progressivo invecchiamento degli abitanti.
A livello provinciale, Campobasso e Isernia faranno registrare un identico calo percentuale (-12,69%), ma con numeri diversi: -16.722 lavoratori per il capoluogo regionale, -6.258 per quello pentro.
Tra le 107 province monitorate solo quella di Prato registrerà in questi dieci anni una variazione assoluta positiva (+ 1.269 unità pari al +0,75%). Tutte le altre 106, invece, presenteranno un saldo anticipato dal segno meno. Agrigento sarà invece la provincia che registrerà la recessione più importante: -22,1% pari, in termini assoluti, a -63.330 unità.
A livello regionale, lo scenario più critico interesserà la Basilicata che entro il prossimo decennio subirà una riduzione della platea in età lavorativa del 14,6% (-49.466 persone). Seguono la Sardegna con il -14,2% (-110.999), Sicilia -12,8% (-392.873) e Calabria con il -12,7% (-147.979).
Già oggi molte imprese, anche del Sud, denunciano la difficoltà di trovare personale preparato e adeguatamente formato. Nonostante ciò, evidenziano gli analisti della Cgia, il Mezzogiorno potrebbe avere meno problemi del Centronord. A differenza di quest’ultimo, infatti, il primo, avendo tassi di disoccupazione e di inattività molto elevati, potrebbe colmare, almeno in parte, i vuoti occupazionali che interesseranno soprattutto il settore agroalimentare e quello ricettivo (hotel, ristoranti e caffetteria). Tante imprese, soprattutto di piccola dimensione, saranno poi costrette a ridimensionare gli organici perché impossibilitate ad assumere. Per le medie e grandi imprese, invece, il problema dovrebbe essere più contenuto. Con la possibilità di offrire stipendi più elevati della media, orari ridotti, benefit e importanti pacchetti di welfare aziendale, i pochi giovani presenti nel mercato del lavoro non avranno esitazioni nel scegliere le grandi anziché le piccole e micro imprese che, questi benefici, non possono erogarli.
Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici, in particolare a causa dell’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e assistenziale. Infine, segnala il report degli artigiani di Mestre, con pochi under 30 e una presenza di over 65 molto diffusa alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi, provocando una contrazione strutturale del Pil. Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da persone in età avanzata rischia di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo. Per contro, invece, le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi; con una maggiore predisposizione al risparmio, le persone più anziane dovrebbero aumentare la dimensione economica dei propri depositi, facendo così “felici” molti istituti di credito.