Con il titolo “Il coraggio della pace” oggi le Acli Molisane tengono il loro congresso a Termoli.
«Siamo dentro un cambiamento d’epoca – spiega Enzo Scialò, presidente regionale delle Acli – nel quale molte conquiste civili e sociali e la stessa democrazia paiono indebolirsi schiacciate dall’esplosione delle diseguaglianze e dall’espandersi della guerra globale a pezzi. Il mix esplosivo di ignoranza sulle nuove evoluzioni della tecnica e della scienza (Intelligenza Artificiale in primis) e concentrazione di potere di chi li controlla mette in discussione lo stesso statuto dell’essere cittadini e la democrazia. Occorre svolgere un’opera di alfabetizzazione, restituire alle persone e alle comunità le chiavi del proprio destino e volgere i mutamenti in corso in senso democratico. La sfida principale cui dar voce in questo momento è la pace, ripudio della guerra e richiesta che la comunità internazionale e l’Europa si facciano forza di pace per bloccare i conflitti in corso e aprire percorsi verso una pace giusta e sicura; la pace come nostro impegno culturale e politico per essere servizio e segno di speranza, partendo dall’incontro con e tra le persone, in circoli, servizi, progetti, nella preghiera e nell’ecumenismo; la pace come scelta per rilanciare a fianco di Ipsia il nostro impegno con i migranti, per scegliere l’ecologia integrale e affrontare insieme crisi ambientale e crisi sociale.
I nostri campi di azione come associazione e come promotori di grandi servizi sociali come il Patronato e il Caf. La prospettiva quindi è quella di costruire dentro il processo di integrazione nuovi assetti organizzativi, lavorando da un lato ad una più piena valorizzazione dei gruppi dirigenti democraticamente eletti attraverso la formazione e la chiara responsabilità politica e strategica e dall’altro costruendo una struttura organizzativa efficace sugli obiettivi della crescita e del massimo uso delle potenzialità del sistema aclista ancora oggi non pienamente disponibili. Qui ed ora siamo al lavoro per lo sviluppo e la crescita del nostro Molise, del Mezzogiorno e del nostro Paese. Oggi riallacciamo i fili di un percorso che ci ha visti impegnati nella costruzione del soggetto unitario e nuovo delle Acli del Molise. Una realtà capace di rispondere alla crisi della partecipazione in un’area territoriale martoriata dalla denatalità e dallo spopolamento. Una vera e propria fuga di cervelli e cuori, sangue e nervi che rischia di sprofondare la regione dopo gli anni del miracolo adriatico. Le Acli ci sono. Accettano la sfida del futuro e in questi anni lo hanno dimostrato incrementando le attività, i servizi, le sedi e la professionalità di operatori e dirigenti».
«Abbiamo scelto “Il coraggio della pace” – dice Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli – come nostro tema congressuale perché riteniamo che la pace debba essere un progetto politico, in quanto riassume in se stessa quell’aspirazione alla promozione della giustizia e del bene comune che è parte integrante della proposta delle Acli.
Il problema che sta davanti a noi oggi è quello di generare una nuova cultura politica: la grande capacità del cattolicesimo politico del passato, è stata quella di saper coniugare la riflessione sui passaggi storici in atto con la ricerca del bene possibile nelle condizioni date. La cultura politica non è la rappresentazione pura e semplice delle istanze e dei bisogni pur legittimi, ma è la capacità di saperli sintetizzare ed elaborare all’interno di un progetto credibile e realizzabile. All’interno di tale cultura vanno collocate le istanze radicali che ci derivano dal Vangelo e dall’insegnamento della Chiesa, che noi poniamo con umiltà e inquietudine. La prima è il disarmo, inteso come problema delle singole coscienze e della politica. Certo la tensione morale e politica è all’abbraccio tra povertà e giustizia, ma nessuna pace nella storia è stata una pace pulita, neanche quella seguita alla Seconda guerra mondiale. La pace è lo sforzo della ricostruzione di una convivenza che solo gradualmente può essere un processo di disarmo e riconciliazione. La seconda è il dialogo. Il dialogo tra persone, tra credenti, tra credenti e non credenti, con i nemici, il dialogo non come atteggiamento buonista, ma come tessitura di percorsi, perfino come arma diplomatica di conflitto non violento. La terza, ma non ultima, è la democrazia secondo Costituzione. Non semplicemente la democrazia, perché la democrazia non è mai immune dai totalitarismi e dall’iniquità, ma la democrazia scritta e tutta da difendere ed attuare della nostra Costituzione, basandola sui pilastri della libertà della persona, della democraticità e socialità dello Stato e dell’autonomia delle formazioni sociali; tutti tre insieme, evitando che l’uno abbia il sopravvento sull’altro. Per questo rifiutiamo la legge sull’autonomia differenziata e siamo fra i promotori del referendum per abrogarla.Siamo infatti radicati nei principi della Dottrina sociale della Chiesa e della cultura politica popolare, e non saremo certo noi a negare il valore delle autonomie locali e funzionali, che hanno una dignità originaria che viene loro riconosciuta dalla Costituzione, così come riconosciamo il valore dell’istituzione regionale, nonostante le sue evidenti problematicità che si sono manifestate anche nelle cronache di questi giorni. Qui però ci troviamo di fronte ad uno stravolgimento della già problematica riforma del 2001 che ha riscritto il Titolo V della seconda parte della Costituzione, perché istituisce una specie di “menu à la carte” per le singole Regioni che potranno assumere l’esclusiva potestà legislativa su materie di primaria importanza come l’istruzione, il paesaggio, il patrimonio storico ed artistico, la sanità, le autostrade, la protezione civile etc.
Detto per inciso, è molto difficile che un Paese che su questioni del genere si riduce ad un vestito di Arlecchino, con legislazioni differenziate e magari anche contraddittorie su argomenti del genere a seconda dei territori, possa essere considerato un interlocutore affidabile in Europa. quell’Europa che continua a raccomandare di non danneggiare la coesione sociale e territoriale dei Paesi membri.
E questo vale soprattutto per le cosiddette aree interne, a cui il Molise largamente appartiene che, come hanno scritto i Vescovi italiani al termine del loro annuale seminario di studi dedicato a questo tema (ed è sintomatico che solo la Chiesa ponga attenzione a simili questioni) “costituiscono la parte consistente e fragile di tutto il Paese (nord, centro, sud), pur custodendo esse potenzialità straordinarie” ed è sicuramente vero che “trascurare la questione delle Aree interne – che attraversa per intero il Paese, da nord a sud – rischia di ledere i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e di allargare ulteriormente il fossato tra zone ricche e povere, fossato che in molte situazioni è vissuto già all’interno di una stessa Regione”.
Per questo come Acli noi intendiamo vivere il nostro congresso, e il quadriennio che si aprirà successivamente, come un momento di verifica democratica sulla nostra capacità di essere un Movimento di credenti, di lavoratori e di cittadini che si pongono al servizio del bene comune nei territori e a livello nazionale promuovendo solidarietà e sussidiarietà. Questa è la sfida che ci sta davanti e la affronteremo insieme».

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