È Reggio Emilia la città d’Italia con la miglior vivibilità ambientale urbana. Seguono Trento al secondo posto e Parma al terzo. Lo attesta il rapporto annuale di Legambiente “Ecosistema Urbano 2024”, realizzato con Ambiente Italia e Sole 24 Ore.
La ricerca analizza le performance ambientali di 106 capoluoghi di provincia su sei aree: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. In Italia le città con la miglior vivibilità ambientale si concentrano al Nord, mentre Sud e Centro della Penisola faticano a tenere il passo.
Nelle prime dieci posizioni dominano le città del Nord Italia: dopo Reggio Emilia, Trento e Parma, seguono Pordenone (4 in classifica), Forlì (5), Treviso (6), Mantova (7), Bologna (8), Bolzano (9), Cremona (10). L’Emilia Romagna è la regione con più capoluoghi green nella top ten. Milano si piazza al 56esimo posto in classifica, ma eccelle nel trasporto pubblico. Napoli arriva quasi in fondo alla graduatoria, è 103 esima (ma lo scorso anno era 98esima). Roma sale in graduatoria al 65esimo posto (nel 2023 era 89esima). Il Centro se la cava, con Macerata (23esima), Siena (26) e Livorno (29) tra i capoluoghi che si piazzano meglio in classifica. Male il Meridione, con otto capoluoghi tra le ultime 10 della graduatoria: Caserta (98esima), Catanzaro (99), Vibo Valentia (101), Palermo (102), Napoli (103), Crotone (104), Reggio Calabria (105), Catania (106), che lo scorso anno era penultima. Da segnalare Cosenza (13esima): pur peggiorando leggermente, è l’unica città del Sud nelle prime 15 posizioni, seguita al 24esimo posto da Cagliari. Tra le poche note positive per il Mezzogiorno, il primato della qualità dell’aria va a L’Aquila (prima per minore incidenza di Pm10) che vanta in materia una situazione “ottima”. Giudicata “buona” anche l’aria di Ragusa.
Per quanto riguarda i “risultati” delle città molisane, né Campobasso né Isernia brillano. Il capoluogo regionale si colloca infatti al 90esimo posto, quello pentro all’81esimo.
La fotografia scattata da Ecosistema Urbano 2024 mette in evidenza come in Italia le performance ambientali delle città viaggino a velocità e con tempi di applicazione troppo diversi e su cui occorre accelerare il passo. A pesare sono i ritardi nel contrasto alla crisi climatica, i problemi cronici irrisolti, come smog, inquinamento, consumo di suolo, i ritardi su rigenerazione urbana, efficienza energetica, mobilità sostenibile, e poi gli impatti dell’overtourism. «Temi – osserva Legambiente – su cui servono interventi più incisivi».
Sempre dallo stesso rapporto emerge la conferma di un dato allarmante più volte divulgato in questi mesi di crisi idrica e divenuto tema del dibattito politico e istituzionale. Vale a dire: su dieci litri di acqua immessi nella rete idrica di Campobasso se ne disperdono più di sei.
La media dei capoluoghi regionali si attesta al 37,8%. Secondo Legambiente «si tende a considerare fisiologica una dispersione idrica inferiore al 10-15% dell’acqua immessa in rete».
«Purtroppo – è spiegato nel report – le perdite nella rete di distribuzione possono arrivare mediamente fino al 60% dell’acqua distribuita. Basti pensare che un foro di 3 millimetri di larghezza in una condotta può portare a una perdita fino a 340 litri d’acqua al giorno, ovvero al consumo medio di una famiglia. Situazione assai frequente, dal momento che le reti idriche italiane sono generalmente vecchie e scarsamente manutenute: il 60% delle infrastrutture è stato messo in posa oltre 30 anni fa con una percentuale che sale al 70% nei grandi centri urbani, e il 25% di queste ha più di mezzo secolo di vita».

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