«L’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari» e questo «pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore».
Con questa motivazione, la Corte costituzionale ha bocciato il referendum abrogativo sull’autonomia differenziata proposto da Cgil, Uil, partiti di opposizione e associazioni, a cui si erano aggiunti i consigli regionali di Campania, Sardegna, Toscana, Puglia ed Emilia Romagna.
Promossi, invece, i quesiti su lavoro e cittadinanza per gli extracomunitari.
L’inammissibilità della consultazione sulla legge Calderoli fa tirare un respiro di sollievo al governo, che intanto si prepara a rimettere le mani sulla riforma che definisce i principi generali per l’attribuzione alle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Esulta in particolare la Lega, che vince una battaglia simbolo del Carroccio.
Per gli ermellini «il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata» e ciò «non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale». La Corte si era già espressa il mese scorso in merito alla stessa legge, sottolineando – ai fini di compatibilità costituzionali – la necessità di correzioni su sette profili della stessa legge: dai Livelli essenziali di prestazione alle aliquote sui tributi.
Ora per i quattro quesiti referendari sui temi del lavoro, promossi dalla Cgil, e quello sulla cittadinanza «si aprirà una grande stagione di partecipazione che metterà al centro le persone e le loro libertà sul lavoro e nella vita». Così il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. Per quanto riguarda invece il quesito sull’autonomia differenziata, «in attesa di conoscere le ragioni dell’inammissibilità – ha aggiunto – ribadiamo la nostra convinta contrarietà alla legge. Per queste ragioni, in accordo con tutti i soggetti promotori, metteremo in campo nel Paese tutte le iniziative necessarie per chiedere al Parlamento l’abrogazione della legge Calderoli».
Da Cittadinanzattiva arriva un appello alle Camere per modificare «il provvedimento in linea con il dettato costituzionale. Terremo altissima l’attenzione e l’impegno – ha assicurato la segretaria generale Anna Lisa Mandorino – per evitare derive che acuiscano le disuguaglianze nell’accesso ad alcuni servizi pubblici essenziali, a partire da sanità e scuola. Decisiva è la partita che si gioca sui Lep e sulla necessità di garantire la solidarietà tra le Regioni attraverso lo strumento del fondo perequativo nazionale».
Il Coordinamento molisano per il no all’autonomia differenziata ha accolto la pronuncia della Consulta «col rammarico che si prova, al di là delle giustificazioni di carattere tecnico-giuridico che saranno addotte, ogni qual volta non viene consentito ai cittadini italiani di esercitare il potere che la nostra Carta costituzionale attribuisce loro di abrogare leggi che non condividono, attraverso il referendum previsto nell’articolo 75 della Costituzione. Una importante pagina di democrazia che purtroppo resterà non scritta – il commento del portavoce del Coordinamento Gianmaria Palmieri – ad onta della possente e appassionata mobilitazione che ha consentito di depositare presso la Corte di Cassazione addirittura 1.300.000 firme per l’indizione del referendum abrogativo, di cui 12.000 di cittadini molisani. Attendiamo ovviamente di poter esaminare compiutamente le motivazioni per commentare nel merito la decisione, anche perché ben poco emerge al riguardo dal secco comunicato pubblicato dall’Ufficio stampa della Corte, che dedica appena tre righe alle ragioni sottese alla pronuncia di inammissibilità».
Rimane il giudizio già espresso a margine della pronuncia di incostituzionalità resa il 14 novembre 2024, conclude Palmieri (professore e già rettore dell’Unimol): «L’autonomia differenziata come concepita e costruita dalla legge 86/2024 già di fatto non esiste più, anche grazie al preziosissimo, e non vano, contributo dei cittadini molisani firmatari della richiesta di referendum. Confidiamo che il Parlamento, unica Istituzione in grado di “resuscitarla” riveduta e corretta, non avrà più la voglia e la forza di riproporla. Il nostro impegno a difesa dei cittadini, anche e soprattutto molisani, comunque non si arresterà».

r.i.

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