Restare studenti. Farsi condurre, nella vita, dal dubbio. Non come categoria filosofica ma come rovello che fa continuamente domandare, valutare opzioni e sfogliare prospettive. Superare ostacoli. Crescere sempre. E assecondare se stessi e il proprio talento.
È la lezione consegnata ai giovani (e non solo a loro) da Sergio Castelitto. 72 anni il prossimo agosto ma portati benissimo (nessuno in Aula Magna glieli avrebbe dati e la sorpresa è stata palpabile quando il professore Brunese ha letto i dati anagrafici del “candidato”), l’attore regista e e sceneggiatore, da ieri è dottore in Lettere e Storia dell’arte. «Lo studente fuori corso si è finalmente laureato», ha scherzato coi giornalisti nel punto stampa poco prima della cerimonia.
Emozionato e grato, Castellitto, per il riconoscimento alla sua cifra umana e artistica ricevuto nella sua terra. Papà campobassano, i fratelli sono tutti nati nel capoluogo prima del trasferimento a Roma, mamma abruzzese. A conferirgli il titolo honoris causa, su proposta della direttrice del dipartimento Susef Giuliana Fiorentino e dopo l’elogio del candidato a cura del prof Lorenzo Canova, il numero uno dell’Università degli studi del Molise. Emozionato, Brunese, quasi quanto il laureando Castellitto. Al termine del suo mandato, un evento che ha reso evidente quanto l’ateneo oggi sia capace di diventare protagonista e calamitare attenzioni sullo scenario nazionale. Di parlare al Paese.
«Mi svesto della toga – non ha nascosto l’entusiasmo il rettore – e confesso che sono un fan del maestro, ma non è questo il motivo della laurea. Credo che già le cose che ha detto oggi qui con noi valgono l’onorificenza perché il suo è un modo di guardare la nostra regione che noi a volte dimentichiamo e quindi è un bene lo sguardo diverso che ci richiama alla realtà. Ci sono tante cose che si potrebbero fare e alcune il maestro le ha anche dette, penso che anche l’incontro di oggi possa essere un punto di partenza per progettare cose nuove per il futuro».
L’iscrizione a Sociologia, per un anno, poi a Lettere alla Sapienza (ha mostrato anche la prova cartacea). Esami preparati e mai dati. Quindi, un lavoro sicuro e il percorso di vita che sembrava già scritto. Sergio Castellitto però ha saputo ribaltare il destino. O, invece, no. Lo ha saputo proprio assecondare. Scegliendo di diventare attore. Il sodalizio con la moglie Margaret Mazzantini, la regia, una famiglia di artisti. La carriera che, anche quella sì, sta tutta dentro il motivo per cui Unimol lo ha laureato dottore.
«Lo considero un dono verso il quale ho la più grande gratitudine. Ringrazierò sempre il magnifico rettore per questo perché ha un valore speciale. Tra l’altro proprio negli ultimi anni ho frequentato il Molise e questa città più spesso di quanto non abbia fatto nei precedenti 20 anni, dopo le riprese del film “Non ti muovere”», l’omaggio, commosso, alla sua terra. «Mi meraviglio che il Molise non abbia ancora una Film Commission perché è un luogo straordinario, è una sorta di Far West dal punto di vista naturalistico. Ricordo che girammo una scena di Non ti muovere nella zona archeologica di Sepino e poi altre scene in altri luoghi della regione, luoghi davvero incredibili, luoghi che dal punto di vista cinematografico potrebbero essere utilizzati tanto; guardate cosa hanno fatto in Puglia, in Toscana o in Basilicata. E poi c’è questa gentile rudezza dei molisani che a me piace tanto. Perché poi l’ho avuta in casa».
Ha poi ricordato l’attrice agnonese Paola Cerimele, morta nell’agosto del 2022 in un incidente sulla Trignina. «Di Paola ho un ricordo struggente. Per “Non ti muovere” venne a fare dei provini per ruoli minori e io rimasi incantato a tal punto che pensai di proporle il ruolo della protagonista, Italia. Poi quel ruolo è andato a Penelope Cruz cha ha fatto quel personaggio in maniera magistrale però io ero rimasto talmente affezionato a lei che le chiesi di recitare comunque un piccolo ruolo nel film, quello dell’infermiera».
Promotore instancabile di cultura, Castellitto: è una delle motivazioni della laurea ad honorem. «In Italia è difficile promuovere la cultura, ma non da adesso. La cosa più difficile è tenersi lontani dalla politica, nel senso che la cultura dovrebbe essere sempre un gesto di libertà rispetto a qualsiasi utilizzo e in Italia questo negli anni è stato molto difficile, da tutte le parti, senza entrare nel merito – ha commentato – Se c’è una cosa che io rivendico alla carriera che ho fatto, che e anche la cosa che abbiamo insegnato ai nostri figli, è la libertà del pensiero, che non è soltanto un privilegio, ma è una responsabilità. La libertà è un dovere che ti devi guadagnare ogni giorno con il lavoro, con la capacità di ascoltare tutti, ma poi di fare una sintesi personale. Questo è lo sforzo».
rita iacobucci