Il primo scoglio da superare, per il comitato promotore dei cinque quesiti referendari su cui si voterà l’8 e il 9 giugno, è quello dell’interesse dei cittadini. Superare la diffidenza per uno strumento, il referendum, a cui si fa spesso ricorso ma che il popolo comincia a percepire come inefficace o ridondante.
La rete di sindacati, partiti e associazioni che sottoporrà al giudizio degli italiani anche “pezzi” del Jobs Act ne è consapevole e infatti ieri, in concomitanza con altre decine di piazze nel Paese, ha presentato davanti al Municipio di Campobasso l’avvio della campagna in Molise.
Finora hanno già garantito il loro impegno, oltre alla Cgil a tante amministratrici e amministratori locali, l’Ali (Autonomie locali italiane), l’Anpi, l’Arci, Arcigay Molise, Ause, Azione Civile, il Bene Comune, Cittadinanzattiva, Collettivo studentesco spore, Costituente Comunista, Federconsumatori, La Fonte, Faced Città invisibile, Gruppo Universitario Dal Basso, Prc – SE, Termoli Bene Comune – Rete della Sinistra, Sunia, Uniti per la Costituzione.
I cinque quesiti, dunque, sui quali il comitato chiede cinque “Sì”. I primi quattro riguardano il diritto del lavoro: stop ai licenziamenti illegittimi, più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese, riduzione del lavoro precario, più sicurezza sul lavoro. Il quinto quesito chiede invece di ridurre da a 5 gli anni dire residenza legale in Italia richiesti per poter presentare domanda di cittadinanza italiana.
Alla conferenza stampa di ieri mattina, fra gli altri, la segretaria di Cittadinanzattiva Jula Papa, Italo Di Sabato, il responsabile di Anpi Loreto Tizzani, Nicola Lanza per Azine civile, la presidente di Ali Molise Bibiana Chierchia e il segretario della Camera del lavoro Cgil Paolo De Socio.
«Negli ultimi decenni – ha evidenziato De Socio – sono state destrutturate le regole di quello che è il valore fondante della nostra Costituzione, vale a dire il lavoro. Quindi noi chiediamo l’abrogazione di quelle leggi che hanno precarizzato il lavoro, lo hanno reso più insicuro e meno retribuito. Con il quinto quesito valorizziamo un diritto civile, il diritto di cittadinanza. Ci sono tante persone – ha proseguito il sindacalista – che contribuiscono alla crescita economica culturale del nostro Paese che non possono avere la cittadinanza oppure la ottengono già con grande difficoltà e adesso addirittura con tempi allungati. Ecco, in sintesi, direi semplicemente che è una battaglia di civiltà», ha concluso De Socio.