In Italia previsione e prevenzione per quanto riguarda il dissesto idrogeologico sono “a macchia di leopardo” e solo 11 regioni hanno centri funzionali decentrati, i capisaldi del sistema di allertamento, pienamente funzionanti.

Lo ha detto il capo della Protezione civile Franco Gabrielli durante l’audizione in Commissione Ambiente della Camera, aggiungendo che “a distanza di nove anni” dalla direttiva istitutiva della presidenza del Consiglio, solo “Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Campania e le province autonome hanno centri funzionali decentrati pienamente funzionanti. Le regioni non ancora attive sono sei: Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna. Altre quattro, Umbria, Lazio, Molise, Calabria, hanno invece attiva solo la parte ‘idro’ e hanno il supporto del dipartimento per la parte meteo”. Secondo Gabrielli, la prevenzione dei disastri o almeno la loro mitigazione oggi è frenata in Italia da una “babele di competenze” su cui occorre mettere mano: sul dissesto idrogeologico hanno competenza Autorità di bacino, Province, Comuni, Regioni”. E ha aggiunto che se oggi si verificasse un evento paragonabile all’alluvione del 1966 a Firenze, “pagheremmo ancora molti guai”. Il prefetto Gabrielli ha anche ricordato il disastro del Vajont, definendolo “una ferita aperta”, “un monumento alle cose che in Italia ancora non vanno nel rapporto tra ambiente e territorio”. “C’è bisogno di un nuovo patto sociale su questi temi – ha aggiunto -. I sindaci hanno della responsabilità ma c’è anche una responsabilità dei cittadini. I temi dell’autoprotezione non appartengono alla nostra cultura”.

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