Ieri, Antonella Priolo, figlia di una lavoratrice Gam, aveva chiesto la pubblicazione della lettera che qualche giorno prima aveva scritto al governatore del Molise. A distanza di poche ore arriva la “risposta” di Paolo di Laura Frattura.
Carissima Antonella,
ho letto la tua lettera tutto d’un fiato. A ogni parola, ogni pensiero, ogni frase, mi sono detto ammirato: questa ragazza è brava. “Formata”, forte di libri e conoscenza molto più di quanto tu stessa voglia riconoscerti. Per questo, vivo con un dispiacere vero, sinceramente paterno, la costrizione che ti ha indotta ad abbandonare gli studi.
A 21 anni hai davvero ancora tutta la vita davanti. E non è retorica, la mia. Quella di oggi, te lo auguro di cuore, sarà soltanto una pausa dal percorso che ti aspetta e che tu meriti di costruire così come lo sogni. Una pausa dovuta ai giorni difficili del nostro presente.
Questa pagina difficile che travolge te, tua madre, i tuoi cari, questa pagina che fa male alle famiglie di tutti i lavoratori della Gam, noi, con tutti i nostri limiti e i nostri errori, stiamo provando a riscriverla con una declinazione al futuro. Perché è il futuro il punto fermo di ogni nostro intervento. Il futuro certo e aperto a tutti.
Abbiamo chiesto a tua madre, ai suoi colleghi, a tutte le donne e a tutti gli uomini che con fatica, sudore e sacrifici hanno mantenuto in piedi la filiera avicola, di credere a un progetto di rilancio per noi possibile. Non facile, in salita, ma possibile.
Chiedo anche a te, soprattutto a te, di credere ancora che la ripresa di un’azienda di riferimento nella debole economia molisana possa diventare fatto vero con tua madre e i suoi colleghi protagonisti diretti di una esperienza nuova e, magari come vogliamo, più giusta.
La rabbia, le urla, gli scatti di ira, a ripensarli dopo a mente lucida, sono sempre sbagliati. Sempre evitabili, sempre un rammarico. Tuttavia sono naturali, fanno parte della debolezza umana. Appartengono a tutti, a me per primo. L’amarezza che deriva da certi scontri troppo accesi non è facile da superare. Scambiarci veleni e ingiurie per colpe non nostre, non del tutto almeno, a cosa porta? Dove ci porta? Non possiamo calpestare il rispetto che ci dobbiamo.
Non abbandono nessuno, non solo per il mio dovere di amministratore eletto dai cittadini. Non lo farei e non lo faccio perché so quant’è profondo il dolore urlato di fronte a stipendi che non arrivano e a certezze che vengono meno. Quel dolore me lo porto addosso ogni giorno. Di quel dolore mi sento anche responsabile.
Insieme, parola per me straordinaria, fondamento di ogni impresa, grande o piccola che sia, stiamo costruendo una realtà che vuole consentire a te di tornare a sognare, di godere la spensieratezza dei tuoi anni, di vivere nel tuo paese, nella tua regione, il tuo domani di donna, lavoratrice e madre. È giusto che questo accada. Insieme ce la faremo.
Soprattutto quando, ognuno per la sua parte, ci mettiamo a letto la sera con la coscienza di aver fatto il possibile per la giornata trascorsa. I risultati, spesso, non corrispondono all’impegno. Fa parte della vita e so che la tua intelligenza lo comprende. Ti ringrazio per questo e ti ringrazio per la forza con la quale oggi tu a 21 anni ti trovi a sorreggere la debolezza dei tuoi genitori. Sei una figlia, una giovane donna, di cui essere fieri.
Con gli auguri più cari per il bene e le soddisfazioni che meriti, un abbraccio.
Paolo di Laura Frattura
La lettera di Antonella
In merito alla questione successa stamattina (20 gennaio scorso, ndr) in azienda, volevo spendere due parole. In realtà volevo farlo a quattr’occhi, solo data la circostanza non ne ho avuto più la possibilità. Mi presento: sono la figlia di un’operaia che da 30 anni lavora in quest’azienda, ho 21 anni. Come potrei rappresentare la figlia o il figlio di ogni operaio presente in quella sala stamattina, come anche potrei essere sua figlia. Stamattina ci sono stati momenti di tensione, momenti di incomprensione, momenti di esasperazione. Come lei ha detto, l’unica soluzione che c’è è la cooperativa. Mettendo insieme un gruppo di operai (quando parlo di operai intendo tutto il nucleo presente in quell’azienda, tutto), cosicché si possa investire per ripartire. Tutto questo non è semplice, ha i suoi tempi e ha dei pro e dei contro. Come ben sappiamo e abbiamo capito, usciti dal mercato non sarà facile rientraci, ma altro non possiamo fare perché come ben sappiamo l’azienda non è in condizioni di produrre.
Detto questo, lei come ‘proprietario’ dell’azienda, giustamente mette la faccia e tutta la buona volontà per non farla chiudere, non sto qui a dirle cosa si deve fare (io soluzioni non ne ho e credo nemmeno mi competano),comunque da quanto si è capito la strada è una, ma non si riescono a trovare punti di incontro.
Il motivo per cui le sto scrivendo è uno, non sto qui a difendere nessuno, se stamattina però è successo quello che è successo è perché il dramma che viviamo è più grande di quanto lei possa immaginare. Le sto scrivendo perché vorrei che lei si potesse mettere, non nei panni degli operai, cosa che sicuramente è stata già fatta da parte sua, ma nei miei.
Da come già scritto in precedenza ho 21 anni, non posso permettermi di andare all’università e purtroppo tantomeno di trovare un posto di lavoro. Quando è iniziata tutta la faccenda Solagrital/Gam, avevo iniziato gli studi, lì a Campobasso, vedendo la situazione e valutandola ho preso una decisione, quella di non andare più a formarmi. Quando ho parlato alla mia famiglia della mia scelta, non erano d’accordo ma purtroppo non c’erano alternative. Ho pensato che avrei potuto riprendere, ho ancora 21 anni, ne ho di tempo, ma la situazione continua a peggiorare. Ogni giorno che parlo con mia madre, ogni giorno che ho la possibilità di confrontarmi con gli operai di quell’azienda, in tutti loro vedo quella ‘vergogna’ che a nessuno auguro di provare.
Le chiedo di riflettere, se lei si dovesse trovare in una situazione del genere, come si sentirebbe a dire a sua figlia che non può permettersi di realizzarsi in quello che vuole, come le direbbe che ogni giorno purtroppo deve rinunciare all’uscita con gli amici (cosa che ognuno di noi, come normale che sia, vorrebbe fare a quest’età), perché si devono pagare le bollette, l’assicurazione alla macchina, mutuo, gli alimenti.
Come crede si sentirebbe sua/o figlia/o nel momento in cui capisse che non si può sentire ‘libera’, realizzata? Come crede si sentirebbe se vedesse ogni giorno i genitori agitati, tristi, con la paura che da un momento all’altro possa arrivare un’ufficiale giudiziario a casa e portare una lettera di sfratto? Come crede si sentirebbe se ogni giorno vedesse la propria madre o il proprio padre, con gli occhi vuoti ma pieni di lacrime? Come crede che una ragazza o un ragazzo di vent’anni viva una situazione del genere?
Sa, io lo vivo ogni giorno, non posso formarmi, non posso fare quello che ogni ragazzo della mia età vorrebbe fare, ma la cosa che fa più male di tutto è che l’unica soluzione che ho è andarmene da qui. Io come altri 100 ragazzi come me.
Quando stamattina le hanno urlato contro, ripeto la ragione è di tutti e di nessuno, mi creda, il primo pensiero in testa a quelle persone che si sono semplicemente sfogate, è andato ai loro figli. Figli che combattono insieme ai genitori, che stamattina erano lì, seduti a loro fianco per sostenerli. Figli che non pretendono, che aiutano, che combattano ogni giorno per loro, con loro. Figli che sono disposti a dare fino all’ultimo centesimo che hanno da parte o che guadagnano pur di vivere una tranquilla situazione familiare, figli che non si vergognano di loro, ma ne sono orgogliosi, figli che non ce la fanno ad accettare una situazione simile, ma per loro sono sempre disposti a sforzarsi di sorridere.
Il modo in cui ha reagito è comprensibile, ma non lo condivido.
Spero che le mie parole non vengono fraintese, è stato solo un semplice sfogo dal punto di vista di una figlia, voglio che si metta nei miei panni, a 21 anni non sentirsi realizzata, non avere un obiettivo e rimanere quasi senza speranza è una delle sensazioni che non auguro a nessuno di provare. Di una cosa però sono contenta, quando queste persone la sera si mettono nel letto e si passano una mano sulla coscienza, sanno che loro hanno fatto e stanno facendo di tutto, nonostante si sentano umiliati, derisi e messi da parte, da un sistema che al posto di andare avanti, torna indietro. Distinti saluti, Antonella Priolo