Quasi 400mila euro per pagare i vitalizi diretti e gli assegni di reversibilità relativi al mese di gennaio 2014. La cifra impegnata in base alla determina dirigenziale del 23 gennaio scorso è pari a 363mila euro. Sono decine, almeno una ottantina, gli ‘assegni’ staccati ogni mese da Palazzo Vitale per la pensione degli ex inquilini di giunta e Consiglio. Il costo complessivo, calcolando per 12 l’importo di gennaio, è di oltre quattro milioni di euro l’anno. Eliminato nella decima legislatura e a partire da quella e non dalla successiva, il vitalizio resta uno dei simboli dello status di privilegiato del politico. Gli importi, modulati in base agli anni trascorsi nel palazzo di via IV Novembre, vanno da 4mila euro al mese a 900-1.000 euro (le reversibilità a mogli e figli). Resta, soprattutto, ‘intoccabile’. Ci si provò nel 2012, con l’inserimento nella manovra finanziaria di una sforbiciata del 25% ai vitalizi degli ex. Diffide, audizioni e minacce di ricorsi da parte dell’associazione che li riunisce e che all’epoca era capeggiata dal battagliero Fernando di Laura Frattura (padre dell’attuale governatore) convinsero il governo Iorio al dietrofront. Ci si è provato ancora con il ddl firmato dai due presidenti, del Consiglio Niro e della giunta Frattura. Prevedeva un contributo una tantum, un prelievo di solidarietà più o meno elevato a seconda dell’assegno percepito. Con piglio meno battagliero ma identico nella sostanza l’attuale presidente degli ex, Gaspero Di Lisa, ha chiesto un’audizione alla Prima commissione. Concederla avrebbe significato bloccare il provvedimento. Lo stesso che conteneva l’abolizione dell’articolo 7. Serviva far presto e allora via il prelievo dalle pensioni d’oro. L’assegno è una pensione cumulabile con le altre personali, perfino con l’eventuale vitalizio da parlamentare. Cumulo, questo, che rende il privilegio ancora più ‘odiato’. Tanto che il presidente del Consiglio regionale del Piemonte ha chiesto di abolirlo. Nel frattempo, sempre in Piemonte, la casta si è affrettata ad approvare un emendamento alla Finanziaria che permette di ottenere subito quel che si è versato in questa legislatura. Visto che dalla prossima il vitalizio sarà abolito. Una manovra che all’erario costerà fra i 7 e i 16 milioni. Ma in previsione di un risparmio futuro. Vuoi mettere? Per non dire dell’assalto alla diligenza degli eletti nell’ultima legislatura utile a maturarlo. Complice la previsione che si può andare in pensione d’oro già a 55 anni (con un piccolo sacrificio sull’importo), chi li ha raggiunti ha fatto domanda. Un po’ ovunque in Italia (nel Lazio il limite minimo era di 50 anni addirittura, dice Libero). Per mettersi al riparo da eventuali riforme ‘a ritroso’. Si dice sia un diritto acquisito. Ma poi chissà…. Le casse pubbliche ovviamente ringraziano.