“Querelerò chi mi ha diffamato”. Così Paolo Spina nel corso della prima uscita ufficiale da nuovo presidente della Camera di Commercio di Campobasso. L’incontro con i giornalisti è incentrato sulla vicenda Fai, azienda speciale partecipata al 100% dalla Camera di Commercio e messa in liquazione nel 2009 con il bilancio in passivo di 319mila 276 euro.
Spina, presidente della società Formazione Assistenza Impresa dal febbraio del 2009, avviò il processo di liquidazione dopo aver informato il consiglio di amministrazione, i revisori dei conti e la Camera di Commercio.
Troppi 440mila euro di costi fissi (l’85% dei quali destinati ai dipendenti) per pensare di ottenere il pareggio di bilancio. Passivo ripianato dalla Camera di Commercio che ha anche dovuto provvedere a sostenere i costi fissi durante i dodici mesi successivi all’avvio della liquidazione, iter complessivo che si è concluso, rispettando la tempistica, solo nel dicembre del 2013.
La Fai si manteneva con i proventi provenienti dalla realizzazione di progetti europei e regionali, unitamente a un contributo di 150-200mila euro l’anno erogato dall’ente camerale. Venuti meno i primi, l’azienda è andata in crisi e così si è provveduto alla liquidazione. “Anticipando ciò che ora il governo impone per legge – precisa Spina – e cioè razionalizzando le aziende speciali”.
Il nuovo presidente della Camera di Commercio di Campobasso sottolinea con fermezza di aver “sempre amministrato in maniera corretta, con trasparenza e lealtà e rivendica la più totale autonomia rispetto alla politica”. Annuncia, altresì, che chiederà a “Mauro Natale la disponibilità della dottoressa Ferro a ricoprire il ruolo di vice presidente”.
Rinviando i dettagli che caratterizzeranno la programmazione del nuovo corso a un altro incontro, Spina indica l’obiettivo principale della sua consiliatura “nel corso della quale – dice – conto di raggiungere l’unificazione concreta delle due camere di commercio presenti sul territorio”.
Sul dibattito che riguarda la volontà del Governo nazionale di abolire l’obbligatorietà di versamento da parte delle imprese del diritto camerale annuale, Spina, affiancato dalla dottoressa Palladino che conosce a menadito i numeri delle Cciaa, ritiene che “ciò vorrebbe dire smantellare il sistema che si regge proprio sulle quote versate dalle imprese, mentre l’indirizzo più giusto sarebbe quello di razionalizzare le camere che da 105 diverrebbero 20”.