All’inizio è un ricordo sfuocato, opaco. Come tutta la vicenda Mafia Capitale, a pensarci. Poi una ricerca in archivio e la notizia balza agli occhi insieme a un episodio pure mai chiarito.

Il 12 ottobre 2008 giungono da Lampedusa 130 profughi: somali ed eritrei che hanno chiesto asilo, resteranno in Italia almeno sei mesi. In Sicilia non c’è più posto. Arrivano di domenica, il sindaco Di Risio con Primo Piano ammette che non ne sapeva nulla, lo ha letto sul giornale. A gestire il centro improvvisato, vale a dire l’accoglienza e l’assistenza agli extracomunitari, una cooperativa romana. Il nome, all’epoca, non dice nulla a nessuno. Finché non finisce negli atti dell’inchiesta su Mafia Capitale: dei migranti alloggiati all’hotel President si occupa la cooperativa ‘Impegno per la promozione’ amministrata da Sandro Coltellacci, ora in carcere come Salvatore Buzzi e Luca Odevaine. Coltellacci, che cinque anni dopo a Odevaine chiede di essere ‘mandato’ in Molise a gestire il centro profughi di San Giuliano di Puglia. La sua coop nel 2008 è “incaricata dell’assistenza agli immigrati”, stando al linguaggio istituzionale di una nota della prefettura di Campobasso che il 20 ottobre di quell’anno sintetizza le operazioni. Con ogni probabilità era stata individuata dal Viminale insieme alla destinazione dei 130 profughi. Le carte dell’inchiesta della procura romana svelano proprio il livello di compenetrazione della cupola capeggiata dall’ex Nar Carminati all’interno degli apparati ministeriali: in quelle stanze, anche grazie alla presenza di Luca Odevaine nominato dall’Upi all’interno del tavolo di coordinamento dell’emergenza profughi, le coop di Buzzi e Coltellacci erano in grado di ottenere quel che chiedevano. Questa la realtà che emerge con evidenza dalle intercettazioni del Ros.

A Pietracupa i 130 somali ed eritrei restano un paio di settimane. Il 27 ottobre al President si presentano i proprietari dell’albergo, chiuso da tempo, e annunciano una denuncia per violazione di domicilio. Una cinquantina di giovani africani, fuori per una passeggiata, non riesce a rientrare. Gli altri si barricano all’interno. La tensione sale, intervengono i carabinieri. Il prefetto Carmela Pagano intanto riunisce un tavolo urgente. “Il contenzioso, che potrebbe essere nato da alcuni equivoci sul recente passaggio di proprietà della struttura, sarebbe tra la società immobiliare proprietaria dell’albergo – scrive Primo Piano – e la cooperativa sul contratto di fitto dell’hotel che, secondo i titolari, non è mai stato firmato. Dalla prefettura hanno infatti dichiarato che loro sono in possesso di regolare convenzione con Impegno per la promozione”. Passano le ore, il quadro in parte si chiarisce: il President è al centro di rivendicazioni fra il precedente proprietario e la Ge.Im. che lo ha acquistato. La Pagano cerca di risolvere i contrasti insorti anche con la  cooperativa e rassicura i migranti: sono sotto la responsabilità del ministero dell’Interno. La soluzione non arriva, ai primi di novembre il trasloco a Campomarino dove una struttura ricettiva ha dato la disponibilità ad accoglierli. Con loro si spostano anche i volontari di Impegno per la promozione.

In molti oggi ricordano Odevaine: il sopralluogo a San Giuliano e il vertice in prefettura (giugno 2013), poi a settembre un incontro nel paese simbolo del sisma per fare il punto. Nelle immagini e nelle foto interviene spesso, argomenta e spiega. “Aveva un ruolo istituzionale, lo ha fatto valere portando le esperienze di altre parti d’Italia nell’accoglienza dei profughi” dice il sindaco Luigi Barbieri. Inquieto, dopo aver letto a cosa mirava davvero. Più difficile trovare frammenti del ‘passaggio’ di Sandro Coltellacci. A volte venne, pare, ai tempi del President. E qualcuno che lo rammenta c’è. Col beneficio del tempo che è passato, riaffiora in una sensazione che pare un identikit: modi spicci, da persona ‘introdotta’, il fare del comando.

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