Vincenzo Musacchio, direttore della scuola di legalità che porta il nome di don Peppe Diana e attiva a Roma e in Molise, lo ricorda in un anniversario tragico: quello dell’assassinio del parroco anti camorra.
Lo fa con uno scritto inviato alle redazioni e che di seguito pubblichiamo.
“Chi è don Peppino?” ”Sono io”, furono queste le sue ultime parole. Il 19 marzo, giorno del suo onomastico, veniva ucciso dalla camorra nel corridoio che dalla sacrestia porta alla chiesa mentre stava per iniziare la Santa Messa. Con il suo sacrificio tornano in mente persone come don Pino Puglisi e Oscar Romero, morti per aver voluto compiere fino in fondo la loro missione, contrastando con la logica dell’amore, della legalità e della ragione, la violenza di chi impone un modo di vita che imbarbarisce la società umana.
Don Peppino Diana ha avuto una storia strana, una di quelle che una volta conosciuta, bisogna poi conservarla da qualche parte nel proprio animo. Una storia che ti prende alla gola fino ad arrivare al tuo cuore. Una storia purtroppo rara, sconosciuta ai più”. Era solito rimarcare il fatto che il disfacimento delle istituzioni civili avesse consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. “La camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi.
La camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio”.
Quello di don Peppe Diana è stato un percorso di vita spezzato e interrotto brutalmente, ma per noi che scriviamo resta una preziosissima testimonianza perché in sua memoria abbiamo fondato la Scuola di Legalità come segno di impegno nelle lotte da lui incominciate. “Dal seme che muore fiorisce una messe nuova di giustizia e di pace”. Su queste sue parole la Scuola di Legalità continuerà il proprio cammino in tutta la Nazione.