Prenderà servizio a Bologna il 25 luglio. Per Carlo Alberto Manfredi Selvaggi questi sono gli ultimi giorni di lavoro nell’ufficio all’ultimo piano del palazzo di via Garibaldi. Da procuratore in Molise a procuratore della Corte dei conti dell’Emilia Romagna. Dalla finestra vedrà le Torri degli Asinelli, non le colline dell’infanzia. E se allora gli si chiede dei sentimenti con cui affronta il trasferimento, risponde deciso: “Sicuramente di affetto verso questa regione. Io sono nato a Campobasso, la mia famiglia risiede a Campobasso. Quindi, certamente lascio con il dispiacere di chi va via, però con la soddisfazione di aver avuto questo incarico in Emilia Romagna, una regione grande ma soprattutto molto impegnativa per chi svolge il mio mestiere”.

Il lavoro, procuratore, non le è mancato neanche qui. Dalle spese dei gruppi consiliari agli appalti, sono solo alcuni dei dossier sul suo tavolo. Che bilancio traccia? Cosa lascia al suo successore?

“Chiudo proprio un triennio, c’è la possibilità di fare un bilancio articolato. Lascio innanzitutto una ‘famiglia’: un ufficio con personale veramente qualificato, e oggi lo è ancora di più. In questo triennio abbiamo dovuto affrontare sfide nuove, questioni che prima la Corte non affrontava. Come l’attività sui gruppi consiliari, la parifica del rendiconto generale. Ci siamo dovuti attrezzare su questo. E poi un altro mio vecchio ‘pallino’ che è quello dei recuperi delle sentenze di condanna. Anche su questo la procura del Molise ha lavorato parecchio. Lascio al successore un’attività avviata. Naturalmente starà poi a lui vedere quali sono le priorità anche perché cambiano di anno in anno naturalmente. Il bilancio che traccio è un bilancio positivo: abbiamo lavorato tanto, abbiamo lavorato bene. Abbiamo lavorato, e in questo ringrazio anche la stampa, con tranquillità. Non abbiamo avuto pressioni, abbiamo potuto fare il nostro lavoro con i colleghi sostituti che ho qui in procura davvero molto bene. Lei citava gli appalti, i gruppi, tante attività. In ognuno di questi settori abbiamo messo il massimo. Si potrebbe sempre fare molto di più. Le denunce sono tante e di questo ringrazio anche la cittadinanza perché, per una modifica normativa intervenuta qualche anno fa, abbiamo bisogno di una denuncia circostanziata per poter procedere. Molti chiedono: che fa la Corte dei conti? Purtroppo abbiamo anche questi impedimenti sul piano normativo che ovviamente da magistrati dobbiamo rispettare”.

Per quanto riguarda le spese dei gruppi, l’attenzione dell’opinione pubblica è stata massima. A che punto siamo, dal punto di vista erariale? C’è già qualche numero complessivo sugli ammanchi?

“Su questa vicenda c’è stata una grande attenzione ma senza sensazionalismi, senza voler creare né scoop né soprattutto voler dare giudizi di valore sulle persone. Quello che interessa alla Corte dei conti è il recupero delle somme che o non sono state utilizzate in modo appropriato o addirittura sono state intascate in modo illecito. Abbiamo notato una grande differenza negli anni, nel senso che quelli dal 2012 indietro sono gli anni più problematici. Ma del resto ci siamo dati anche una spiegazione: non esisteva una norma di legge così chiara che ha invece poi successivamente portato a delle reazioni sicuramente virtuose da parte degli interessati. Per quanto riguarda le cifre, abbiamo le singole cifre. Noi perseguiamo singole responsabilità. Sono cifre che oscillano da alcune migliaia di euro a diverse centinaia di migliaia di euro a seconda dei soggetti interessati. Ci sono state le prime sentenze di condanna, naturalmente parliamo del primo grado, ci sarà eventualmente l’appello se gli interessati lo riterranno. Quello di cui non si può parlare è il fenomeno nella sua interezza perché va analizzato in più anni e alcune annualità non sono state ancora considerate dalla procura”.

Il settore degli appalti è stato molto ‘monitorato’. Emblematico il caso della Circumlacuale: milioni di euro investiti per la sua costruzione, nemmeno un metro di strada utilizzabile. È solo la punta dell’iceberg?

“La parola monitoraggio per noi è un tabù, nel senso che non possiamo fare controlli a tappeto, è proprio vietato dalla legge del 2009. Però possiamo avvalerci delle segnalazioni che ci pervengono da tante parti e devo dire che effettivamente gli appalti in Molise presentano problematicità.  Per la Circumlacuale, le posizioni che lei sintetizzava sono quelle della procura. Le abbiamo sostenute in nove giudizi, ora siamo in attesa delle sentenze di primo grado. Ci sono tantissime altre istruttorie aperte, hanno portato anche queste a conclusioni o sono in via di conclusione. Ricordo una vicenda ultimamente salita agli onori della cronaca per le attività svolte in sede penale, quella della scuola di Fossalto. La citazione è stata esitata dalla procura regionale della Corte diverso tempo fa, anche lì siamo in attesa del giudizio. Ci sono stati altri appalti in singoli paesi che pure hanno portato condanne definitive e al recupero per l’intera somma dell’importo del danno”.

Quanto è difficile recuperare il maltolto?

“È veramente molto difficile. E lo è per una ragione: fino ad oggi, siamo in attesa di un decreto attuativo del governo per la legge Madia, l’esecuzione delle sentenze è rimessa all’amministrazione. E questo crea inevitabilmente delle difficoltà perché spesso i vertici dell’amministrazione sono le stesse persone nei cui confronti bisogna recuperare. La procura ha solo una vigilanza sull’esecuzione, quindi in questo caso può fare sì un monitoraggio, una funzione di stimolo per vedere se l’amministrazione effettua o meno il recupero. La legge Madia invece attribuisce alle Corti dei conti proprio l’esecuzione delle sentenze di condanna. Perché parlavo di decreto attuativo? È fondamentale questo perché l’esecuzione è curata dal giudice civile, quindi le procure della Corte dovranno attivarsi presso un giudice civile. Una sola procura con cinque magistrati, come quella dell’Emilia Romagna, dovrà andare presso tutti i giudici civili di tutta la regione. Non sarà semplice ma ci proveremo ovviamente”.

L’attività è così intensa anche per la sanità?

“Anche in questo campo ci sono diverse citazioni, molte istruttorie sono ancora aperte. Qui bisogna distinguere fra le scelte che sono esclusivamente di carattere politico, e su cui la procura non ha e non può avere alcun ruolo, e le attività esecutive e di dettaglio che possono invece essere valutate e verificate bene. In linea più generale, mi preme dire ai cittadini, è che la nostra attività giunge inevitabilmente dopo. Non si può intervenire con un’attività che in qualche modo è repressiva contemporaneamente. Per due ragioni: non si possono decidere le scelte, che non possono che essere politiche; per svolgere le istruttorie è necessario che prima un danno si sia verificato. Si può fare molta prevenzione, la Corte lo fa anche con altri settori come quello del Controllo. Lo può fare attraverso la procura qualora le amministrazioni in modo virtuoso prendano esempio dalle sentenze per adeguarsi. Ma non può farlo nel singolo caso perché c’è bisogno che si sia verificato e che venga portato all’attenzione della procura”.

Qual è il livello di sensibilità in Molise verso il malaffare della Pubblica amministrazione?

“Non sta a me dirlo. Comunque rispondo volentieri da molisano più che da procuratore. Il tessuto è sicuramente sano. Quello che forse manca è un passaggio che riguarda la procura della Corte dei conti, l’essere veramente consapevoli della sua attività. Mi piace citare il professor Maddalena, vice presidente della Corte costituzionale, che diceva che la procura della Corte dei conti dà voce a chi non ha voce. Noi agiamo esclusivamente nell’interesse dei cittadini. I soldi che recuperiamo sono i soldi dei cittadini, i soldi spesi male sono i soldi dei cittadini. Non so se in Molise questo si sia percepito fino in fondo”.

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