«Se a corredo dei vostri servizi metterete le foto di Amatrice distrutta, vi prego potete aggiungerne una di com’era? Era un gioiello e mi dispiace per chi non l’ha mai conosciuta…». Piero Stella in Molise è un nome noto. A Isernia ha messo su famiglia, uno storico locale – La Strada – e da qualche anno gestisce il Caffè Savoia a Campobasso. Ma è di Amatrice, lì c’è la casa dei suoi genitori e quella che insieme al fratello e alla sorella stava ristrutturando al centro del paese. «L’ho vista nelle immagini… è distrutta». Sua sorella era lì, ma nella casa paterna ad un chilometro dall’abitato. Si è salvata. «Non ho perso nessun familiare stretto ma è come se li avessi persi tutti». Ha perso alcuni parenti. Ha perso degli amici.

Stella era ad Amatrice fino a qualche giorno fa. Come ogni anno ad agosto, ha ritrovato gli amici di sempre, che dal borgo del Rietino al confine con l’Abruzzo (Amatrice era un centro abruzzese, provincia dell’Aquila, fino al 1927 quando poi Mussolini fece Rieti provincia ricavandole il territorio da quelle vicine già esistenti) sono andati altrove per lavoro, per realizzarsi, sposarsi. Dai 2.600 di tutto l’anno, in agosto gli ‘amatriciani’ si moltiplicano. Il sisma è stato di una cattiveria inaudita perché ha colpito nella settimana di maggiore affluenza. Sabato ci sarebbe stato l’evento clou dell’estate, quello per cui il paese è conosciuto nel mondo: la ‘sagra degli spaghetti all’amatriciana’.

Conosce personalmente il sindaco Pirozzi, impossibile in un centro così piccolo non conoscersi. Pirozzi ha detto che il paese è finito. «Come Sergio, neanche io purtroppo vedo un futuro – dice l’imprenditore adottato dal Molise – Amatrice negli anni 60 contava 14mila abitanti, adesso tremila scarsi. Ora ci saranno soluzioni abitative provvisorie, ma chi ci resterà? Da cosa si riparte?». Però, riflette, è un paese di montagna, fiero. Popolo con la testa dura, gli amatriciani. E c’è il parco dei Monti della Laga, la valorizzazione di quella cornice ambientale in vetta all’Appennino che rendeva unica Amatrice. «Chi è rimasto ha un grande ruolo e grande responsabilità». Il primo impulso, quando ha saputo dalla sorella del terremoto qualche minuto dopo la scossa, è stato quello di andare. Ma le strade erano chiuse. Nel pomeriggio è arrivato il premier Renzi, ai giornalisti tra le macerie non ha voluto dire nulla. «Il governo centrale in queste situazioni è determinante. Io credo – afferma Stella – che in questo caso si debba avere il coraggio di dare un’immediata risposta di seria provvisorietà ma anche poi tempi certi per la ricostruzione». Che non sia come L’Aquila, per intenderci.

E proprio gli aquilani sono stati i primi ad arrivare per i soccorsi. C’era anche il sindaco Cialente. Qualche sera fa, «pensate che coincidenza», nella cattedrale ora frantumata c’era stato un concerto per le vittime del sisma dell’Aquila. Una settimana fa, invece, Piero Stella stava conversando con un suo amico in paese. Ne ricordavano un altro scomparso da quasi un anno. «E lui mi disse: io e te non moriremo insieme, vedrai che poi ci vorrà tempo prima di rincontrarsi in un altro posto, se esiste. Io l’ho mandato a quel paese. Ma che so’ cose da dire queste?». Quell’amico oggi non c’è più.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.