L’ha pronunciata a Milano. Ripresa da Primo Piano, la sua frase è stata al centro del dibattito politico in Molise per tutta la settimana. Cosa intende Stefano Parisi quando dice che non ci si può permettere una Regione con gli stessi abitanti di un quartiere della città che si era candidato ad amministrare?
Il ‘rigeneratore’ del centrodestra non appare sorpreso del clamore. È interessato invece a spiegare: «Penso che in questo momento sia sotto attacco l’autonomia delle Regioni. Ci stanno proponendo un referendum per una riforma costituzionale che prevede il totale azzeramento delle autonomie territoriali. E allora il ragionamento che ho fatto non è tanto quello del Molise piuttosto che della Basilicata o di tante altre piccole Regioni, è quanto che invece dobbiamo andare nella direzione opposta, aumentare il federalismo e l’autonomia dei territori proprio perché l’Italia è un Paese che ha tante specificità diverse tra di loro e devono essere valorizzate. La riforma della Costituzione per la quale invitiamo a votare No va nella direzione opposta: centralizzare tutto, portare il potere a Roma».
Detto questo, lei pone il tema della presenza amministrativa sul territorio.
«Dobbiamo ripensarla tenendo conto che esistono Regioni che hanno 10 milioni di abitanti, come la Lombardia, e Regioni molto più piccole – come tante altre, certo non è soltanto il Molise – che avendo pochi abitanti rischiano di essere un vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro. Interroghiamoci su qual è la migliore forma amministrativa per valorizzare le differenze territoriali. Forse la possibilità è proprio quella di avere modelli più integrati dal punto di vista territoriale ma che abbiano anche più forza amministrativa nei confronti del governo centrale e del Paese».
Perché si è riferito al Molise?
«Perché pochi giorni fa il presidente del Consiglio lo aveva attaccato dicendo che un assessore del Molise poteva andare a fare promozione in giro per il mondo. È stato solo un esempio».
Propone le macroregioni per valorizzare le autonomie?
«Certo. Il primo problema che abbiamo è valorizzare le autonomie e non azzerarle come vuol fare Renzi. Poi dobbiamo decidere insieme qual è la migliore forma di organizzazione territoriale, ripeto, avendo in Italia Regioni da 10 milioni di abitanti che son più grandi della Svizzera e Regioni che sono grandi quanto un quartiere di Milano. Questo è un dato di fatto. Dobbiamo evitare che ci siano, come ho detto, vasi di coccio in mezzo ai vasi di ferro. Tutto qui».
Decidere insieme significa coinvolgere anche le comunità interessate.
«Ma certo. Oggi ci stanno calando dall’alto una riforma che azzera le autonomie. Invece io penso che sia molto importante il coinvolgimento delle persone, degli abitanti e dei cittadini perché trovino delle formule che siano le migliori, evitando i campanilismi ma cercando di capire qual è la forma migliore per un’organizzazione territoriale ottimale. Lei sa che io sto organizzando in giro per l’Italia una serie di iniziative che si chiamano ‘Megawatt’, che prendono un po’ lo spunto da quello che abbiamo fatto a Milano, ed entro i primi di dicembre lo faremo anche in Molise. Verrò personalmente e vorrei incontrare tante persone per parlare anche di questi argomenti».
Cosa accade se vince il No?
«Non accade proprio nulla. Se vince il No evitiamo di avere una riforma confusa e 15 anni di contenzioso tra Stato e Regioni come nei 15 anni trascorsi a causa della riforma del Titolo V. Questa riforma perpetua una situazione di scarsa chiarezza a livello di poteri, dello Stato e delle Regioni. E poi un Senato che non si capisce se ha potere o non ha potere, se legifera o no, neanche è chiaro come è la sua composizione e come è l’elezione dei propri membri. È una grande confusione. Se vince il No abbiamo la possibilità, con calma, di chiedere ai cittadini se vogliono il presidenzialismo o meno, se vogliono le macroregioni oppure vogliono rimanere con le Regioni come sono, se vogliono più federalismo o meno, se vogliono una Camera o due Camere: insomma, un referendum consultivo in cui chiediamo agli italiani in modo trasparente qual è la riforma della Costituzione e la forma dello Stato che noi vogliamo e successivamente un’assemblea costituente che organizzerà una Costituzione nuova, ma veramente moderna e rispondente al volere degli italiani non come adesso che è calata dall’alto. Se vince il No abbiamo la prospettiva di fare una riforma buona, se vince il Sì rischiamo di stare per 15 anni, 20 anni con una brutta Costituzione, molto disordinata, come abbiamo avuto fino adesso».
Cosa vuol dire ‘rigenerare’ il centrodestra e come lo sta declinando anche in Molise, dove nel 2018 si torna al voto per le regionali?
«Lo sforzo che sto facendo con tantissime persone è di rigenerare il centrodestra, l’area più moderata e quindi di portare un contributo che io spero serva anche a rilanciare Forza Italia. C’è tanta attenzione intorno a quello che stiamo facendo. Non è certo un lavoro di contrapposizione con i gruppi dirigenti attuali, è un lavoro di rigenerazione che vuol dire anche rinnovamento della classe dirigente. È necessario, per vincere e proporsi al governo delle Regioni e al governo del Paese, avere persone affidabili, una squadra di amministratori di esperienza e di qualità che abbiano voglia di mettere la loro vita e se stessi a disposizione della cosa pubblica. Che non abbiano interessi personali ma soltanto interessi generali e collettivi. Ovviamente questo lo stiamo facendo molto anche a livello territoriale. L’organizzazione degli eventi si basa sull’apporto di tante persone che non fanno parte dei partiti e vorrebbero avvicinarsi di nuovo alla politica e tante persone che militano nei partiti e vogliono guardare con attenzione a questo processo».
Come sono i rapporti con il commissario di Forza Italia De Girolamo e altri uomini importanti del centrodestra locale, l’ex governatore Iorio, ad esempio, che l’ha incontrata?
«Con l’onorevole De Girolamo abbiamo un ottimo rapporto, con lei lavoriamo attentamente e attivamente su questi progetti perché è quella parte di prima linea del gruppo dirigente di Forza Italia che aiuta questo processo. E poi ovviamente noi non vogliamo imporci a nessuno e interloquiamo con tutti coloro che hanno voglia di assecondare, anzi di aiutare, questo lavoro di rigenerazione».