“Il Molise è a rischio sempre”: il presidente regionale dell’ordine dei geologi, Giancarlo De Lisio (nella foto), analizza la situazione in regione. Correlazioni con il Molise non ce ne sono riguardo alla scossa di questa mattina, ma tutto ciò non mette al riparo da possibili episodi autonomi in futuro. Perché l’area, come tutto l’Appennino, è altamente sismica.
L’INTERVISTA
Che rischio c’è in Molise?
«Il Molise è a rischio tutti i giorni 24 ore su 24 – spiega De Lisio -. Non si deve mai abbassare la guardia. La pericolosità sismica del territorio per il Molise, soprattutto nella zona di Campobasso, Isernia e nell’area matesina, è sempre stata alta».
Che correlazione c’è con gli episodi in Marche, Umbria e Lazio? Il terremoto “può spostarsi”?
«Non c’è correlazione, ma il Molise è da inquadrare sempre nella catena appenninica, quindi fa parte del processo di evoluzione di questa zona. E’ soggetto ad attivazioni continue e periodiche di queste faglie. Nell’Appennino si registrano riattivazioni di faglie continue, ma attualmente lo sono in corrispondenza di Marche-Lazio-Umbria e Abruzzo.
Rispetto ad Amatrice c’è stato un leggero spostamento verso nord dell’epicentro, però a livello di ipocentro (cioè la zona in cui è avvenuta la spaccatura della crosta) sembrerebbe sempre una connessione diretta. In sostanza, la genesi è sempre la stessa: è un sistema di faglie che si stanno allontanando, tanto da far registrare un allargamento della crosta e un conseguente abbassamento del suolo di 20 centimetri».
Come è possibile proteggersi?
«Lo stesso terremoto in un deserto crea vittime e danni pari a zero, mentre in Italia un congruo numero di danni e vittime. Lo stesso terremoto in Giappone ne provoca molti meno perché vengono realizzate opportune costruzioni».
Basta avere costruzioni antisismiche?
«No, non è sufficiente. Le costruzioni adeguate sono fondamentali, ma non bastano. Serve anche una conoscenza della geologia del sottosuolo. Ad Amatrice c’è stato quello che chiamiamo effetto di sito: ovvero un’amplificazione sismica maggiorata in corrispondenza di alcuni siti e abitazioni perché c’erano dei sedimenti di qualità geotecnica non buona al di sotto. E’ la stessa cosa che è successa pure in Emilia Romagna qualche anno fa. L’arma vincente per combattere il rischio sismico è un mix tra tecniche costruttive e studi geologici».