Colpa del governo Monti e del mancato acquisto di Termini Imerese: sono queste le origini della crisi della Dr che lo stesso Massimi Di Risio rivela in una intervista al Giornale per spiegare come mai non andò mai in porto l’affare Termini Imerese.

Di seguito uno stralcio dell’intervista.

È Massimo Di Risio, 57 anni, l’imprenditore molisano che ha fondato «Dr», marchio automobilistico di Macchia d’Isernia, in corsa tra il 2010 e il 2011 per insediarsi a Termini, a svelare alcuni retroscena.

C’è da premettere che alla fine del 2011, Di Risio, con l’appoggio dell’allora ministro Paolo Romani e i finanziamenti necessari già approvati, era pronto ad aggiungere a quello di Macchia d’Isernia, dove già produceva auto, il secondo sito siciliano. «Qui avremmo iniziato con una city-car, alcuni Suv e una supercar già battezzata Targa Florio», ricorda Di Risio, il quale aveva già stretto accordi con il gruppo cinese Chery per la fornitura delle scocche utilizzate per assemblare i veicoli. Poi il cambio del governo, a Silvio Berlusconi subentra Mario Monti. E per Di Risio è l’inizio della fine. «Tutto si è bloccato – racconta – e così siamo rimasti senza interlocutori. Non sono mai riuscito a contattare l’allora ministro Corrado Passera. E quando il presidente di Chery venne a visitare il sito di Termini, il ministro non si presentò, delegando un sottosegretario. Lo staff cinese non prese bene tutto questo. Ma la cosa più grave è che un po’ di tempo dopo venni sapere dallo stesso numero uno di Chery che il governo italiano si era fatto vivo proponendo al gruppo di trattare, ma senza la nostra presenza, perché Dr non dava garanzie. Il presidente di Chery mi disse: Se non potete fidarvi voi del vostro governo, figuriamoci noi».

Risultato: l’azienda, che nel 2010 aveva prodotto 5.000 automobili in Molise, entra in crisi: Di Risio perde 50 milioni ed è costretto a mettere in mobilità 400 dei 500 dipendenti. «Quello stop per noi è stato il disastro – afferma l’imprenditore -: sono andati persi un possibile business e soprattutto posti di lavoro. Era tutto pronto, probabilmente si è trattato di un dispetto politico, visto che il governo intendeva proseguire con i cinesi in prima persona e prendersi i meriti. Ho perso la fiducia nelle istituzioni e ora ho deciso di fare da solo. Ripartiamo a Macchia d’Isernia con 100 lavoratori. A chi è rimasto ho detto che ci sarebbe stato da soffrire, ma di aver fiducia: c’è stata la cassa integrazione e gli stipendi, a volte, sono arrivati in ritardo. Ma ora ripartiamo con cinque nuovi modelli, una city-car e quattro Suv, che presenteremo al Motor Show di Bologna».

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