Ci accoglie nella stanza che fu di Indro Montanelli. E già questo è bastato per rendere l’atmosfera unica. La lunga intervista con il direttore del Giornale Alessandro Sallusti tocca tutti gli argomenti del momento e spazia dalla politica ai temi etici, dal futuro dell’Europa a quello della carta stampata.
Una chiacchierata piacevole e mai banale. More solito, esprime quello che pensa senza girarci intorno. Del resto, dirige un quotidiano che ha nel dna il giornalismo di rottura, costantemente all’attacco dell’establishment.
«Montanelli e altri giornalisti lasciarono il Corriere della Sera all’apice del successo per formare il Giornale per non omologarsi al pensiero unico. Il Giornale va sempre controcorrente. Come si fa? Si ascolta la Boldrini e si dice l’esatto contrario (ride di gusto, ndr). Si dice – aggiunge – tutto ciò che è coniugabile con la libertà».
Dal primo febbraio il Giornale ha scelto Primo Piano Molise. Una accoppiata che gli editori – Berlusconi e la famiglia Ricci – hanno voluto fortemente perché convinti che possa funzionare. Perché in fondo il Giornale e Primo Piano Molise hanno in comune la voglia di raccontare la verità e si rivolgono al lettore che «non vuole farsi prendere per i fondelli».
Alessandro Sallusti ha lavorato in 13 quotidiani, grandi e piccoli. E sottolinea con forza che un editore liberale come Berlusconi non l’ha mai incontrato. «Anche gli altri giornali – aggiunge – hanno la proprietà e dunque condizionamenti e conflitti. Nessuno è figlio del nulla. Non pensate che il Corriere della Sera o Repubblica o il Messaggero siano più liberi del Giornale».
Di Berlusconi ne nasce uno ogni secolo. E se il centrodestra ora è più spaccato del centrosinistra è perché il suo leader è stato azzoppato. «Un leader – spiega – capace di tenere insieme ciò che in natura non può stare insieme: i post fascisti di Fini con gli scissionisti di Bossi e con gli statalisti di An. È contro natura, c’è riuscito solo lui».
Si augura che tornino insieme «per vincere le elezioni» e che cambi la legge elettorale con il ritorno al proporzionale «perché con un futuro incerto è meglio tornare al passato».
Così Meloni e gli altri si misureranno. Sarebbe inoltre un elemento di chiarezza perché gli elettori «che votano il centrodestra ora si chiedono: ho votato Berlusconi o Salvini?». Già, Salvini che «è un’altra cosa». Bravo, «geniale perché capace di riportare la Lega agli antichi splendori, ma la Lega non sarà mai un partito nazionale».
Chi sarebbe potuto diventare un piccolo Berlusconi è Matteo Renzi «che però si è dimostrato inaffidabile e arrogante». Nonostante ciò lo voterebbe alle primarie. «Vincerà lui. Quella di Orlando è una candidatura quasi dovuta, concordata. È brutto che Renzi corra da solo. Emiliano? Un simpatico guappo, mi ricorda Di Pietro e De Magistris. Sta sulla scena a far casino, è bravo ed intelligente. Ma non ce lo vedo come leader nazionale».
La scissione del Pd è un bene per tutti ed è un elemento di chiarezza che «avvantaggerà Renzi che potrà fare quello che ha in mente. Era un’anomalia che stessero assieme Renzi e Bersani, D’Alema e Franceschini. Vengono da storie culturali e politiche diverse e si erano messi insieme per convenienza. Finché comandavano gli ex comunisti andava tutto bene, ma Bersani e D’Alema non potevano sopportare di essere guidati dai ragazzini».
Cita Benedetto Croce quando affronta il tema della riduzione dei costi della politica. Per Sallusti «il problema non è quanto costa, ma quanto è efficiente. La politica non è stata capace di risolvere i problemi della gente. Se mio figlio sta morendo (ecco Croce, ndr) ed ho bisogno di un medico, cerco un medico onesto o capace? Scelgo il capace. Di medici onesti e incapaci ce ne sono tanti. Servono i capaci. L’onestà è un prerequisito».
Fa l’esempio dei grillini: «Con il certificato penale in ordine, ma non sono capaci di governare le città».
È per l’istituzione del reddito di cittadinanza «ma deve andare di pari passo con il fatto che io lo ottengo dopo che ho dimostrato che non trovo lavoro, non che non trovo lavoro sotto casa o che non trovo lavoro alle condizioni in cui voglio lavorare. Il lavoro non viene da me alle mie condizioni».
Sul dilemma Europa dentro o fuori, Sallusti propone la doppia moneta perché «l’euro non garantisce tutti ad un’unica velocità su economie e culture diverse».
L’Europa non sta in piedi perché «i nostri pro genitori si sono ammazzati fino a 60 anni fa. Abbiamo lingue diverse, non ci sono legislazioni comuni. Siamo diversi su tutto».
Ritiene, però, sia un sogno realizzabile «dai nostri pronipoti che forse parleranno un’unica lingua, l’inglese, cioè una lingua extracomunitaria, perché l’Inghilterra è uscita dall’Europa».
Sulla morte dolce propone «una cosa che non è possibile: l’eutanasia privata. Sarei d’accordo che quella spina lì l’avesse staccata la moglie del malato senza coinvolgere Stato, ospedale e media. Però uccidere una persona è un reato».
Infine l’aspettativa di vita dei quotidiani. Per il direttore del Giornale «la carta stampata è una delle vittime della globalizzazione dell’informazione. Il processo è inarrestabile. Siamo come i costruttori di carrozze che pensavano di opporsi ai costruttori di macchine. Impossibile. Siamo di fronte a generazioni che sono nate con Internet e che non hanno mai visto, né comprato un giornale. Tra qualche anno questo fenomeno colpirà anche la televisione».
pierluigi boragine