Una ripresa della mobilitazione per fare pressing sulla Regione. Magari una vera e propria marcia per il lavoro che veda i lavoratori della Gam sfilare accanto a quelli dell’Ittierre. Perché la vertenza dell’azienda di Bojano non è quella più sfortunata. Anzi, è quella in cui un punto è stato messo il 28 febbraio scorso, quando sono stati firmati gli accordi con Amadori.
Queste le indicazioni e le intenzioni dei sindacati Cgil, Cisl e Uil che ieri si sono confrontati con le maestranze nello stabilimento di Monteverde. Nel merito delle intese, quella che riguarda la ricollocazione del personale – quanti, in che tempi e con quali contratti sono informazioni ormai arcinote – è stata al centro di domande e interrogativi prima e durante la riunione. Il clima non è di entusiasmo, naturalmente. Non solo e non tanto per il merito – 30 unità (che potranno diventare 60) a 140 giornate annue all’incubatoio, 10 avventizi negli allevamenti e un centinaio di addetti al macello quando fra tre anni dovrebbe riaprire, una percentuale di contratti fissi pari al 10% dei 170 totali – ma anche per i 68 nomi fuori dal bacino perché non erano impiegati negli impianti del primo lotto, quello acquistato da Agricola Vicentina. E su questi 68 nomi è già bufera fra operai e impiegati: non sono isolati i casi di chi ha lavorato in realtà al macello e non alla cosiddetta ‘divisione alimentare’ ma non è in elenco. Non sono pochi, inoltre, i dipendenti ancora scettici sulla ripartenza e sulla loro ricollocazione. Molti i dubbi degli impiegati: il colosso di Cesena prevede di reimpiegarne pochi in quel ruolo (6-7). Gli altri, accettando il demansionamento, potrebbero lavorare in produzione. Ed è uno dei punti più controversi, seppure per i sindacati un successo rispetto all’ipotesi peggiore: che non venissero cioè affatto considerati fra quelli riassumibili.
Questioni, queste, rimaste però sullo sfondo nella sintesi dell’assemblea. Raffaele De Simone, segretario della Fai Cisl, ha riferito che le categorie hanno già chiesto un incontro ad Amadori per verificare eventuali errori e correggerli. L’azienda si è detta disponibile ma ha chiesto di fissare l’incontro dopo la conclusione delle procedure di acquisto dei beni: manca infatti il decreto di trasferimento che dovrà risolvere le tante ‘interferenze’ fra primo e secondo lotto che legali e manager di Amadori hanno sollevato.
I sindacati, comunque, tengono il mirino ancora su Palazzo Vitale. Che, dicono, deve concretizzare velocemente gli impegni che ha assunto per tutti i 280 lavoratori. Innanzitutto con ammortizzatori che coprano i tre anni che Amadori prevede per il riavvio della produzione, con misure di riqualificazione professionale e poi politiche attive per chi in quello stabilimento, o all’incubatoio, non voglia rientrare: incentivi all’esodo, bonus per l’autoimpiego, lavori di pubblica utilità, prepensionamento. ritai