L’incipit della conferenza stampa convocata al termine delle audizioni è il filo conduttore di una mattinata di confronti lunga quasi quattro ore. «Il Molise non ha criminalità autoctona ma questo non significa abbassare la guardia. Anzi, in questa terra, l’attenzione dovrà rimanere perennemente alta per evitare insediamenti pericolosi».
È la sintesi della conclusione cui è giunta la Commissione parlamentare antimafia che ieri per la prima volta ha varcato la soglia dei confini molisani in veste istituzionale.
Obiettivo: conoscere il Molise, le sue fragilità e soprattutto i suoi rischi. Ebbene, se anche i sei parlamentari hanno sottolineato quanto sia bella questa terra, non è mancata un’analisi accorta sul fragile tessuto economico afflitto dalla crisi e quindi potenzialmente appetibile per organizzazioni malavitose e quindi una valutazione scrupolosa dei rischi che derivano dalla migrazione della criminalità organizzata. Nel mirino: i confini con la Puglia e quelli con la Campania. E allora l’attenzione testimoniata dalle procure di Isernia e Larino sul territorio di Campomarino e sull’area venafrana.
Giovedì 27 aprile. Sono le 9.30 quando la presidente Rosy Bindi, il vicepresidente Luigi Gaetti (M5S), Davide Mattiello ( Pd), Giulia Sarti (M5s), Rosaria Capacchione (Pd), Marcello Taglialatela (Fratelli d’Italia) varcano la soglia della prefettura di Campobasso insieme al capo della Dia di Napoli, Giuseppe Linares; per incontrare i prefetti delle due province molisane, i questori, i due comandanti provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e analizzare dunque il Molise.
È il primo step di una mattinata che successivamente prevede l’incontro con il procuratore distrettuale di Campobasso e, ancora, i procuratori circondariali di Isernia e Larino.
Sono loro gli interlocutori che alla Commissione parlamentare rappresentano inchieste, indagini, vecchie e nuove, valutazioni e analisi che descrivono come si snodano i meccanismi della criminalità organizzata in questa regione. Il basso Molise ‘sorvegliato speciale’ ma anche la provincia di Isernia con i recenti sequestri di beni confiscati alla camorra. Non si sorvola sull’aspetto del flusso di migranti che in Molise è rilevante né sul rischio che la Corte d’Appello sia soppressa.
La presidente Rosy Bindi, che il Molise lo conosce bene, così come bene lo conosce anche la senatrice Rosaria Capacchione (presente a Venafro per il caso dei rifiuti pericolosi) ascolta con attenzione ognuno dei relatori. Il quadro è subito chiaro: «È certamente una regione che rispetto ad altre realtà dell’Italia non soffre di una presenza autoctona di mafie e neanche di penetrazioni e di insediamenti da parte di mafie originarie di altri territori – dice Bindi durante l’incontro organizzato con i giornalisti – ma che tuttavia è oggetto di incursioni ed infiltrazioni sia da parte della camorra sul versante della provincia di Isernia che da parte delle mafie foggiane sul versante Adriatico. Quindi, come tale, non va abbassato il livello di guardia che del resto abbiamo registrato essere alto da parte di tutte le istituzioni e soprattutto non deve essere abbassata la guardia da parte dei cittadini, degli imprenditori, dei professionisti di ogni categoria, degli sportelli bancari, di chiunque noti qualcosa che non lo convince e che si può fidare a denunciare alle istituzioni di questa regione».
Era soltanto settembre scorso quando il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, parlando dell’inchiesta ‘Isola felice’ che ha smantellato il rinato clan ndranghetista dei Ferrazzo tra Abruzzo e Molise con 25 arresti e 149 indagati, diceva che «i radicamenti delle mafie da territori diversi da quelli di origine possono essere contrastati a condizione che si intervenga tempestivamente e che non si neghi il fenomeno», sulla stessa linea vanno i risultati cui sono giunti i membri della commissione parlamentare. Perché il traffico di droga passa per il Molise e Rosy Bindi lo rileva sottolineando i sequestri significativi fatti in mare e il fatto che è stata segnalata una serie di attività malavitose come rapine in banche e uffici postali e attentati dinamitardi contro i bancomat. L’ultima traccia della malavita organizzata in Molise risale al 5 aprile scorso. Due distributori di benzina sequestrati, appartenenti al clan Contini, uno a Venafro, l’altro a Vinchiaturo. In questo caso dopo la mafia pugliese e la ndrangheta, la firma rilevata in Molise sui beni confiscati è quella della camorra.
E quindi la senatrice Capacchione ribadisce «il potenziale rischio di infiltrazioni nel tessuto economico riguarda i trasporti, la ristorazione, il settore dei carburanti» ma «il Molise rischia piuttosto l’investimento dei capitali delle organizzazioni criminali e non di diventare terra di insediamento dei clan».
Non è passato inosservato il numero dei migranti accolti in regione. «La capacità di accoglienza non è minore rispetto ad altre parti d’Italia – osserva Rosy Bindi – ed è dunque necessario che anche in questo caso la pratica sia accompagnata da interventi dello Stato».
Sono le 13.40, le audizioni sono terminate, il breve incontro con la stampa pure. La Commissione parlamentare lascia il Molise con un messaggio inequivocabile: «Non si abbassi mai il livello di attenzione». Ma se l’attenzione e il livello di guardia passano inevitabilmente per la presenza sul territorio delle istituzioni torna ad essere attuale il rischio soppressione della Corte d’Appello di Campobasso e anche su questo è essenziale la risposta della presidente: «Non si può neanche immaginare una regione senza Corte d’Appello e senza Dda. Sarebbe inutile quanto detto finora».
Cristina Niro

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