All’asilo, mentre tutti i bimbi giocano Lorenzo sta per conto suo. I suoi giochi gli altri non li capiscono. Nemmeno il suo linguaggio capiscono. Non riesce a stare seduto al banchetto, spesso corre per la stanza. Senza meta e senza motivo apparente.
Lorenzo (è un nome di fantasia) ha sei anni, l’anno prossimo andrà alle elementari. È affetto da disturbo dello spettro autistico di terzo grado. Ma ha genitori tenaci e coraggiosi.
Dopo la diagnosi – un colpo fortissimo per qualsiasi mamma e papà, ancora di più per chi non vive nelle grandi città dove i servizi socio-sanitari sono più numerosi e accessibili – non si sono arresi. Non hanno mollato mai. Fino a vincere una battaglia cominciata con una diffida ma che si è conclusa con un ‘abbraccio’ ideale fra le istituzioni coinvolte e la famiglia. Una battaglia che vogliono rendere pubblica attraverso Primo Piano perché anche altre persone nella loro stessa situazione prendano coscienza e cognizione che gli strumenti di legge ci sono e ci sono anche le opportunità per farli valere e assicurare una vita e un futuro migliori al proprio figlio autistico.
Al loro bambino hanno, intanto, assicurato le terapie specifiche: «Ci siamo rivolti al centro “Io sono speciale” di Campobasso. Questo però non basta». L’autismo – patologia per molti aspetti ancora sconosciuta a chi non la vive direttamente – richiede infatti soprattutto in età infantile interventi continui, costanti, mirati. Altrimenti si rischia di vanificare anche i progressi che il bambino compie e di dover ricominciare ogni volta da capo. All’asilo – nel centro della provincia di Campobasso dove abita – aveva un’insegnante di sostegno. Neanche questo basta, tanto che la legge prevede infatti un’assistenza specialistica per chi è disabile grave ai sensi della legge 104/92. Lorenzo ha bisogno di una figura che sia formata per farlo integrare, per farlo davvero partecipare alle attività didattiche e a quelle ricreative. Così i suoi genitori hanno fatto la richiesta alla scuola e la scuola al Comune. A settembre, però, l’anno è iniziato senza novità per il bambino.
A quel punto la famiglia ha contattato un legale. Si è rivolta a Carmelina Salvatore, legale dello studio Di Pardo, che da tempo si occupa in ambito scolastico e previdenziale sia dei bambini che presentano disturbi specifici dell’apprendimento come dislessia, discalculia e disortografia, sia della disabilità minorile grave e di tutti i diritti connessi sotto qualsiasi aspetto.
Questa è una storia è a lieto fine. Lorenzo ha da pochi giorni un assistente alla comunicazione, quello che la legge prescrive come obbligatorio. La fitta interlocuzione fra l’avvocato difensore della famiglia e il Comune è cominciata con una diffida a fornire il servizio previsto dall’articolo 13 della legge 104: l’amministrazione comunale deve cioè assicurare, a proprie spese, l’assistente alla autonomia e alla comunicazione, una figura professionale che nulla ha a che vedere col sostegno didattico ma che invece fa sostanzialmente da interprete tra il bambino ed il resto della classe e degli insegnanti. Dopo la diffida, nessun contenzioso. Il Comune – preso atto delle reali necessità del piccolo alunno – ha accelerato i tempi (la scuola è iniziata già da qualche mese infatti) e individuato con affidamento diretto una cooperativa che ha fornito un suo operatore qualificato e specializzato in tecniche comportamentali nell’ambito del disturbo dello spettro autistico.
Il bimbo ora ha accanto una persona che si occupa di lui ogni giorno in classe, che sa come trattare il suo disturbo, che comprende il suo linguaggio e sa quindi comunicare con lui.
Grande gioia dei genitori e anche dell’avvocato Carmelina Salvatore. Di più, lei si dice ben contenta di aver evitato una causa e di aver trovato nel Comune interessato un «esempio di buona amministrazione» perché ha fornito un servizio «che, per ragioni di bilancio, non viene praticamente quasi mai erogato dagli enti locali. Questo, però, in barba alla legge 104/1992, che impone invece di adottare tutte le misure idonee alla integrazione scolastica degli alunni disabili e riconosciuti portatori di handicap, compresa la assistenza alla autonomia e alla comunicazione». In caso di amministrazioni meno ricettive, bisogna rivolgersi alla magistratura, che «ha più volte evidenziato come in casi del genere le ragioni di cassa e di bilancio non possono mai comprimere il pieno diritto alla integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap riconosciuto dalla legge.
La speranza – conclude – è che anche altri Comuni di questa regione prendano atto della necessità di fornire tale servizio nelle scuole in cui sono presenti alunni disabili e si adeguino a quanto imposto dalla legge».

ppm

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