Sono Roma, Torino, Napoli, Genova, Bologna, Ancona e Campobasso i capoluoghi di regione con le aliquote fiscali più alte relative a Irap, Irpef, Imu e Tasi. Queste sette città – si legge in un articolo di Tiscali news datato 31 dicembre 2017 – hanno, in tre casi su quattro, i livelli più alti di imposte sulle imprese e sulle famiglie, sui capannoni industriali e sulle case. Con due “punti”, nella classifica dei tributi territoriali, figurano poi Firenze, Palermo, Perugia, Bari, Potenza, Trieste e Catanzaro. Un solo punto, invece, per Milano, Cagliari, L’Aquila, Aosta, Trento e Bolzano. Fisco light a Venezia, unica città che non risulta mai tra quelle con aliquote elevate.
È questo il risultato dalla “Mappa del fisco locale in Italia” realizzata dal Centro studi di Unimpresa. L’analisi dell’associazione, basata su dati dell’Agenzia delle Entrate, della Corte dei conti e del Dipartimento Finanze, prende in considerazione le aliquote Iperf (definite dalle Regioni), il totale delle addizionali Irpef (Regioni e Comuni), l’Imu e la Tasi.
La classifica è stata realizzata sulla base di “punti” attribuiti alle città e alle relative regioni che applicano aliquote particolarmente elevate nei quattro principali tributi pagati anche su base territoriale. In totale sono stati assegnati 41 “punti” in relazione alle aliquote dello scorso anno: più è alto il punteggio, più è elevato il livello del prelievo tributario a carico dei contribuenti (cittadini e imprese).
«Ci sono troppe differenze a livello territoriale per quanto riguarda il prelievo fiscale e si tratta di differenze che non aiutano la ripresa così come gli investimenti delle imprese. Serve un ragionamento complessivo, che il governo dovrà fare quando, auspichiamo al più presto, vorrà lavorare a una serie riforma tributaria che deve essere organica» – dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci, commentando i dati della ricerca.
Nella classifica, il Centro studi di Unimpresa assegna da uno a quattro punti: più è alto il punteggio, più è pesante la mano del fisco. Sono dunque sette le città col fisco al top, con tre “punti” accumulati.
Ecco i dettagli: Roma si paga il 4,82% di Irap, il 4,23% di addizionali Irpef, l’1,06% di Imu; a Torino si paga il 4,13% di addizionali Irpef, l’1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi; a Napoli si paga il 4,97% di Irap, l’1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi; a Genova e Bologna si paga il 3,13% di addizionali Irpef, l’1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi; ad Ancona si paga il 4,73% di Irap, l’1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi; a Campobasso si paga il 4,97% di Irap, il 3,43% di addizionali Irpef, l’1,06% di Imu.
Per quanto riguarda l’Irap, l’aliquota più alta, pari al 4,97%, si trova a Napoli (Campania) e Campobasso (Molise), mentre a Roma (Lazio), Palermo (Sicilia), Bari (Puglia), Catanzaro (Calabria) e l’Aquila (Abruzzo) il prelievo dell’imposta regionale sulle attività produttive si attesta al 4,82%.
Per quanto riguarda l’Irpef, la somma delle addizionali comunali e regionali porta il prelievo più alto a Roma: nella Capitale d’Italia l’aliquota totale è del 4,23%, considerando il 3,33% della regione Lazio e lo 0,90% del Comune; seguono, poi, Torino col 4,13% (3,33% del Piemonte e 0,80% del Comune), Campobasso col 3,43% (2,63% del Molise e 0,80% del Comune) e col 3,13% Genova (2,33% della Liguria e 0,80% del Comune), Bologna (2,33% dell’Emilia Romagna e 0,80% del Comune) e Potenza (2,33% della Basilicata e 0,80% del Comune).
Per quanto riguarda l’Imu, l’aliquota massima (1,06%) è applicata in 16 grandi città su 21 esaminate nel rapporto: Roma, Torino, Napoli, Genova, Bologna, Potenza, Campobasso, Firenze, Palermo, Perugia, Bari, Trieste, Ancona, Catanzaro, Milano e Aosta.
Si “salvano” solo Cagliari (0,96%), L’Aquila (0,81%), Trento (0,895%), Bolzano (1,00%) e Venezia (0,81%).

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