Si sente tanto parlare di fuga di cervelli, di giovani e talentuose risorse ‘nostrane’ che, per volere o necessità, decidono di spiccare il volo verso nuovi Paesi e nuove realtà alla ricerca di sfide stimolanti e appaganti.
Ma cosa spinge i nostri giovani a partire e cosa cambierebbero della realtà molisana? Oggi ce lo racconta Francesca Albanese, 34enne campobassana, che vive oltreoceano da diversi anni e che ha trovato la sua strada in una importante catena alberghiera. Francesca infatti è direttrice delle vendite al Sixty hotels di Beverly Hills.
Francesca da quanto tempo manchi dal Molise?
«Da 15 lunghi anni».
Qual è stato il tuo percorso di studi?
«Dopo il diploma linguistico presso l’ormai ‘ex’ Istituto “Principessa Elena” di Campobasso ho conseguito la laurea in Economia e Marketing a Bologna, per poi frequentare la Business management alla UCSD (University of California San Diego) e un master in Business Administration alla UCLA Anderson School of Management».
Dove ti trovi adesso?
«Vivo e lavoro a Los Angeles».
Hai prima trovato un’occupazione e sei partita o viceversa?
«Viceversa. Sono partita e sul posto ho trovato la mia prima occupazione come cameriera in un ristorante nella “Grande Mela”, New York».
Quali sono state le tue esperienze nel nuovo Paese?
«Sicuramente il confronto con tante culture diverse, infiniti modi di pensare, di vivere e di lavorare che aprono la mente a opzioni e possibilità difficili da realizzare o considerare rispetto ad un’unica cultura e in un solo Paese.
Credo che niente arricchisca più del continuo confronto con la diversità e con una competizione globale che spinge a mettersi in gioco continuamente e a crescere sotto tanti aspetti, personali e lavorativi. Tutto ha un prezzo e secondo la mia esperienza sta a noi scegliere cosa comprare e quanto pagare».
Cosa ti mancava qui?
«Una realtà globale che spalanchi le porte verso infinite possibilità di conoscenza e crescita su larga scala, il confronto con culture e esperienze diverse, la possibilità di vivere cose diverse e stimolanti continuamente, a prescindere dai trends del momento, un lavoro con impatti globali e sistemi più meritocratici».
Pensi mai di tornare?
«Mai dire mai nella vita ma per adesso no, non ci penso mai».
Qual è la più grande soddisfazione che hai ottenuto andando via?
«Il raggiungimento di obiettivi sempre più grandi nonostante all’inizio non conoscessi lingua, costumi e regole di una cultura diversa e meritocratica. Oggi vivo la vita con un senso di libertà oltre ad un’indipendenza economica e mentale».
La più grande delusione?
«A parte il vedere piatti tipo “fettuccine Alfredo” nei ristoranti italiani, le delusioni le danno le persone, non le esperienze o i Paesi. Questo vale in qualunque posto del mondo».
Suggeriresti ad un amico o parente di andare via, oppure lo sproneresti a restare?
«Partire, mettersi in gioco e in discussione. Aprire la mente, conoscere, uccidere le abitudini e i limiti mentali. Fare più esperienze possibili. Solo così si crea valore per noi stessi e per gli altri. Solo così si innesca un processo di evoluzione da poter offrire in qualunque posto in cui si decida di stabilirsi. Solo crescendo, noi stessi creiamo l’opportunità di crescere. Vale per ogni città e per ogni persona».
Cosa cambieresti della realtà molisana e quali suggerimenti daresti a chi amministra la regione per sfavorire la “fuga di cervelli”.
«Io non sfavorirei la fuga di cervelli. Per me ognuno dovrebbe vivere in almeno 2 posti diversi nella propria vita e uscire dalla ‘comfort zone’. Non basta leggere libri e studiare per aumentare la propria cultura o le proprie capacità lavorative.
Non cambierei niente della realtà molisana perché è illusorio pensare che esista una realtà perfetta o una città che accontenti ogni persona. Sono convinta che in tanti amino il Molise e lo stile di vita che offre, ed è giusto che rimanga così per queste persone. Non tutti vogliono correre rischi e vivere continuamente sotto pressione e chiunque decida di partire presto si accorge che più si vuole dalla vita, più alto è il prezzo da pagare.
La “fuga dei cervelli” non è altro che la scelta di abbandonare sicurezze, famiglia e comfort, rimboccarsi le maniche e lottare di più per qualcosa che il Molise o l’Italia non possono offrire. Personalmente ho conosciuto tante persone estremamente felici con un piccolo stipendio e zero stress ed è giusto ci siano posti che permettano a loro di vivere come preferiscono».
Prima di salutarci puoi dirci qual è la cosa che ti manca di più da quando sei partita?
«Una sola cosa: la mia famiglia. Mi piacerebbe poterli vedere più spesso».
SL