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Organizzato dalla famiglia di Alessandro Di Lisio, il giovane militare che nel 2009 ha perso le vita a Herat in Afghanistan nell’ambito della missione di pace portata avanti dall’Italia, si è tenuto in mattinata nell’auditorium della scuola Giovanni Paolo II -3°Circolo didattico-, la presentazione del libro “Ti prometto che torno”, della giornalista Daniela Lombardi, che parla della vita, degli ideali e dell’azione quotidiana nelle due missioni di pace, Iraq e Afghanistan, di Alessandro Di Lisio. Ciò attraverso testimonianze di familiari, amici, commilitoni e superiori del giovane Caporal Maggiore della “Folgore”. La famiglia Di Lisio ha voluto questa presentazione proprio nella scuola Giovanni Paolo II perché gli alunni dell’istituto, all’indomani della notizia della scomparsa del giovane caporal maggiore campobassano, scrissero su libera iniziativa una serie di temi e di composizioni spontanee su un evento che li aveva particolarmente colpiti come la morte di un giovane militare loro conterraneo. I lavori di questi bambini sono stati pubblicati nel testo “Ti prometto che torno”.

All'evento sono intervenuti il Presidente Michele Iorio, il Colonnello Riccardo Ricci del Comando regionale dell’Esercito Molise, il Cappellano Militare Gabriele Teti, la dirigente Scolastica dell’Istituto Giovanni Paolo II, Agata Antonelli, i famigliari di Alessandro e l’autrice del libro Daniela Lombardi.

I bambini della Scuola “Giovanni Paolo II”, coordinati dalle loro insegnanti, hanno dato vita ad una rappresentazione che li ha visti interpretare i loro temi e composizioni realizzati all’indomani della scomparsa di Alessandro  (alcuni dei quali pubblicati nel libro presentato) e più in generale sull’importanza della pace, sul rispetto e l’attenzione per chi la promuove in tutte le parti del mondo e sull’affetto che loro nutrono per le Forze Armate.

"Questo libro – ha detto Iorio – è un “monumento letterario” ad Alessandro ma anche a tutti quelli che hanno perso la vita compiendo il proprio dovere al servizio del Tricolore e per il bene di una collettività peraltro  straniera. Ma questo vuole essere anche un contributo al centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, attraverso il racconto della storia di un “italiano”, come diceva Mazzini, che era fiero di esserlo e che ha compiuto il suo dovere fino in fondo senza rinunciare alla sua componente umana, alla sua sensibilità e dando pieno compimento alle proprie idee.

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