Giuseppe Impastato, Peppino, è stato un politico, attivista e conduttore radiofonico italiano, famoso per le denunce contro la mafia. Nato nella terra dei vespri e degli aranci tra Cinisi e Palermo credeva nella giustizia. Un sentimento forte che lo portò a lottare, a perdere la vita per combattere il sistema. La matrice mafiosa del delitto fu individuata grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia che ruppero pubblicamente con la parentela mafiosa (il padre, lo zio e altri parenti erano mafiosi, suo zio era il capomafia Cesare Manzella, ucciso nel 1963). Fu assassinato a Cinisi nel 1978, a portare avanti le sue idee ora è il fratello Giovanni che ieri a Campobasso nella Curia Arcivescovile ha parlato ai giovani del capoluogo, ricordando la figura del fratello e i suoi ideali nel corso dell’incontro organizzato dalle associazioni Libera, Agesci, Paxchristi e dalla Cgil. “La mafia non riguarda le quattro, cinque regioni sfigate del Sud ma tutto il Paese – ha detto – si è evoluta, è presente al Nord dove ci sono gli affari, dove gira l’economia”. Per Giovanni Impastato “l’attività malavitosa si può battere con la forza delle persone e soprattutto con il lavoro delle istituzioni. Come diceva Falcone la mafia, come tutte le cose, ha un inizio e una fine”. Alla vita di Peppino è dedicato il film ‘‘I cento passi’ di Marco Tullio Giordana, i ‘‘cento passi’ che separavano casa sua da quella del boss Tano Badalamenti. “I mezzi di comunicazione sono importantissimi per combattere la mafia – ha aggiunto Giovanni Impastato – il film ci ha dato la possibilità di far conoscere la figura di Peppino in tutto il mondo. L’episodio che più lo ha caratterizzato è l’aver rotto con la famiglia per i difendere i suoi ideali. In quell’occasione mio fratello ha avuto tanto coraggio. Il coraggio che servirebbe alle istituzioni, alla politica per sconfiggere la mafia”.
