Lo Stato non potrà più applicare la tassa sugli abbonamenti dei telefonini. Lo ha stabilito la Commissione tributaria provinciale, dando ragione all’associazione dei consumatori Adoc, la quale chiedeva che non si prelevassero più dalle tasche dei cittadini in possesso di cellulare in abbonamento la somma di 5,16 euro per i contratti ad uso privato e di 12,91 euro per quelli ad uso affari. “La liberalizzazione dei servizi di comunicazione e il nuovo codice delle comunicazioni – si legge in una nota dell’Adoc – hanno fatto venir meno i presupposti impositivi della tassa, ossia il monopolio dello Stato e, dunque, ha fatto venir meno la ragione di mantener in vita il regime concessorio. Tale tassa era originariamente diretta ai gestori del servizio di comunicazione radio. Con diversi decreti ministeriali, il Governo italiano ha successivamente stabilito che il presupposto della tassa fosse rappresentato da un documento sostitutivo della licenza e cioè il contratto di abbonamento sottoscritto tra utenti e il gestore del servizio fisso di telefonia mobile. “In altre parole – ha spiegato il Presidente regionale dell’Associazione, Nicola Criscuoli – a parere della Commissione provinciale adita, il Codice delle comunicazioni ha fatto venir meno la ragione di mantenere in vita un regime di tipo concessorio e, per questo, ha abrogato espressamente la norma che considerava il contratto di abbonamento dei cellulari sostitutivo della licenza. Pertanto, non sussistendo più la equiparazione contratto/licenza, qualunque contratto di abbonamento dei telefonini non dovrà più essere più oggetto di tassazione”. La sentenza, comunque, è stata appellata dall’Agenzia delle entrate innanzi alla Commissione regionale.

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