A 16 anni dal terremoto pesano come un macigno i ritardi della ricostruzione in Molise. Sfrattati in migliaia da un scossa assassina, che seppellì in pochi minuti un’intera generazione sotto una scuola ristrutturata male, nel cuore del cratere ci sono ancora sfollati che aspettano di rientrare nelle loro case e – addirittura – di vedersi finanziato il loro progetto escluso inspiegabilmente dall’elenco definitivo degli interventi immediatamente cantierabili. Graduatoria approvata nel 2014 dalla giunta regionale, che ha elargito fondi senza criteri e in maniera del tutto arbitraria. Insomma milioni di euro distribuiti a pioggia e, in alcuni casi, destinati a beneficiari che non avevano alcun diritto di precedenza. La certificazione che in questi anni la gestione del post sisma sia stata poco trasparente arriva il 12 luglio con una sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato: i giudici romani hanno confermato il verdetto del Tar Molise e dato ragione a una quarantina di ricorrenti – rappresentati dagli avvocati Giuseppe Ruta, Margherita Zezza e Massimo Romano – esclusi dalla graduatoria.
Incassato il secondo risultato a favore, ieri mattina i legali hanno reso noto i dettagli del secondo pronunciamento che getta parecchie ombre sulla ricostruzione in Molise: alla lentezza della macchina burocratica e amministrativa, ora vengono certificate anche le ‘anomale’ procedure adottate nell’elargizione dei fondi e censurate sia dai giudici del Tar sia dalle toghe romane.
I magistrati aprono uno squarcio sull’assegnazione delle risorse: i primi atti che approvano un programma di interventi senza stabilire preliminarmente i criteri sono della giunta Iorio. Ma è con Paolo Frattura, nel 2014, che vengono riprogrammati i fondi Cipe 2011 (346 milioni) e riapprovata la graduatoria degli interventi cantierabili che penalizza una quarantina di residenti del cratere: alcuni vengono estromessi, altri si vedono decurtare il finanziamento. Sotto i riflettori le delibere di giunta 614/2014, 636/2014 e 709/2014. Inizia la battaglia al Tar. I giudici amministrativi chiedono conto delle modalità che hanno determinato l’elenco dei beneficiari e che hanno escluso molti residenti del cratere. «La Regione – riferisce l’avvocato Ruta – anziché rispondere sulle modalità risponde che i soldi sono finiti».
Una risposta censurata dal Tar che alla fine annulla tutte e tre le delibere: gli atti violano in particolare l’articolo 12 della legge 241 del ’90 che al primo comma prevede che «l’attribuzione di vantaggi economici di qualche genere a privati o a enti pubblici sia subordinata alla predeterminazione di criteri e modalità cui le amministrazioni erogatrici debbono attenersi. Ciò al fine di evitare ingiustificate discriminazioni e per garantire la trasparenza dell’azione amministrativa».
Convinta della giustezza delle procedure, la Regione va avanti nella sua battaglia e impugna la sentenza davanti al Consiglio di Stato. Ma dai giudici romani altra doccia fredda: la graduatoria definitiva dei progetti di classe A va cassata. Ora la questione passa direttamente nelle mani del governatore Toma che ha tenuto per sé la delega alla Ricostruzione.