È solo di qualche giorno fa l’allarme lanciato dai dati Istat che registrano nei primi otto mesi del 2018 una perdita di 1.000 abitanti in Molise.
Un dato che conferma l’inesorabile depauperamento demografico che la regione vive ormai da molti anni dovuto in parte ad un fenomeno migratorio che ha ormai raggiunto cifre molto preoccupanti e in parte al superamento delle morti sulle nascite.
Basta ricordare che nel 2016 il Molise registrava un tasso di mortalità dell’11,5% pari a 3.579 decessi e un tasso di natalità del -4,8% pari a 2.088 nascite. Dato che è stato riconfermato tristemente nel 2017 con un saldo nati/morti pari a -1.735.
A questo si aggiunge un numero importante di abitanti, soprattutto giovani, che lasciano la regione in cerca di lavoro.
Nel 2016 sono stati 1.578, nel 2017 hanno lasciato la regione 2.000 abitanti a cui si aggiungono i 1.000 nei soli primi otto mesi del 2018.
Sono dati che raccontano la drammatica agonia di una terra dove la disoccupazione di lunga durata è pari al 72%, una terra incapace di risollevarsi dalla crisi e di dare un futuro ai giovani, una terra dove trovare lavoro diviene sempre più una chimera.
Le bellezze e le potenzialità della regione restano ibernate da classi dirigenti incapaci di valorizzarle.
Come risollevare le sorti della regione se manca un’idea di sviluppo, se mancano le strade di collegamento, se manca la ferrovia, se manca un porto?
È necessario, per questo, partire dalle eccellenze che pure in regione esistono per cominciare davvero a parlare di futuro.
Serve un progetto credibile, servono risorse aggiuntive per le infrastrutture, servono concretezza, competenza e celerità.
Servono fatti e non più slogan elettorali. Il Molise può ancora avere un futuro… o meglio: il Molise può ancora avere un futuro?