Neanche il tempo di tirare il sospiro di sollievo per l’accordo sulla richiesta di un altro anno di cassa integrazione.
Fra le maestranze della Gam una nuova maretta. Provocata, paradossalmente, dall’avvio del rilancio. Ai sindacati è arrivata la comunicazione da parte di Agricola Vicentina che ai primi di novembre – subito dopo la scadenza degli ammortizzatori che però a quella data dovrebbero essere stati già rinnovati o giù di lì – svolgerà i colloqui per le prime 30 assunzioni all’incubatoio. I lavori di ristrutturazione cofinanziati dal Psr 2014-2020 sono a buon punto, l’apertura è in programma a gennaio. Saranno richiamati i dipendenti Gam che già sono stati contattati a giugno, quelli che nell’impianto di località Limpilli a Bojano hanno lavorato. L’intenzione dell’azienda, però, sarebbe di prospettare un ‘prendere o lasciare’: da una parte il contratto da firmare, dall’altra una rinuncia.
Logico, si dirà . Ed è vero, soprattutto in tempi di reddito di cittadinanza: si perde il diritto anche a quello dopo aver detto no a tre opportunità di lavoro. Non scandalizza il fatto che Amadori, che ha rilevato gli asset dell’ex Arena messi in vendita col primo lotto, voglia fare chiarezza. Propone l’assunzione ai dipendenti del bacino a cui è tenuta ad attingere in base all’accordo firmato al Mise il 28 febbraio 2018. Se però l’interessato dice no, non sarà più tenuto in considerazione in futuro, quando l’organico dovrebbe crescere. Chi rinuncia, è fuori: questa la sintesi che si è sparsa nel tam tam fra gli ex operai Gam.
Perché la rinuncia spaventa? Perché, è noto, il contratto che sarà proposto ai colloqui sarà un contratto a tempo determinato, o meglio di avventiziato: si lavorerà all’inizio due giorni a settimana. E addirittura negli sfoghi dei lavoratori spuntano cifre: 5-600 euro al mese. Una famiglia non ci vive, dicono. Sull’altro piatto della bilancia, c’è un altro anno di cassa integrazione (e la prospettiva è di 800-1000 euro al mese). Ma poi, il baratro.
Insomma, una vertenza davvero infinita. Una cosa è sicura: nessuno può dire che non sapeva o non aveva capito. I termini dell’accordo con Amadori furono chiari fin da subito.
Le rsu e i sindacati non si nascondono la difficoltà di sostenere una nuova mobilitazione su questo fronte, il terreno è dei più scivolosi. Come si fa a chiedere di tornare a lavorare se poi alla prova dei fatti si storce il naso. D’altro canto, nel Molise che diventa sempre più povero decidere su due piedi l’esclusione da un percorso di ricollocazione chi ha detto no ad Amadori non può essere una scelta presa a cuor leggero.
I colloqui sono in calendario per il 6 e 7 novembre. I sindacati e le rsu, per capire bene la portata delle intenzioni dell’azienda, hanno chiesto di vedersi prima, un confronto in cui cercare di costruire una soluzione dignitosa per tutti.
ritai
Ma lasciateli lavorare, santa pace!!!