Fa impressione leggere le motivazioni dei baby tossici di Torino riportate dalla Stampa: «La cocaina mi fa sentire onnipotente». «Mi fa superare i limiti». «Mi rende un leader».
Fa impressione perché la realtà è un’altra: la droga – per usare un linguaggio vicino ai ragazzi – è roba da sfigati, o rende sfigati. Quando non hai più i soldi per comprarla ti ritrovi a picchiare tua madre per i pochi euro che lei guadagna spaccandosi la schiena. Poi non ti bastano più e chiedi di spacciare. Lì cominciano i problemi seri. Perché anche in Molise lo spaccio è controllato: se compri la coca in Puglia o in Campania ai boss di chi te l’ha venduta non è indifferente come viene piazzata a Campobasso. Magari giri in città col Mercedes, ma al primo debito sai bene che puoi pagarla cara. Una vita nel fango. Impossibile che i giovani sognino questo, eppure questo diventa.
«La scelta spetta ai ragazzi. Durante l’adolescenza verranno sempre messi di fronte a queste domande: ci facciamo una canna insieme? Vuoi assaggiare? La risposta è individuale e contano la personalità, l’educazione e l’informazione. Aprire gli occhi ai giovani è importante, informarli sui rischi dell’assunzione di droga». Vittorio Gallucci è sostituto procuratore a Campobasso. Il suo primo incarico è stato a Vibo Valentia: «Lì sei fagocitato dai fenomeni criminali, indaghi su un omicidio e scopri che dietro quel reato ce n’è un altro. Si fa pronto soccorso, si fa quello che si può fare sapendo che ‘sotto’ c’è un mare di criminalità. In realtà come il Molise, dove la criminalità è un fenomeno in espansione ma non si è radicata, per noi c’è una maggiore responsabilità: evitare che questa venga percepita come una terra in cui il controllo è minore che altrove. Perciò, in pieno accordo col nostro procuratore, lavoriamo per contrastare la droga, non tanto e non solo per il fenomeno in sé ma perché combattendolo con risolutezza si argina il rischio che la criminalità organizzata riesca a infiltrarsi».
Lunedì mattina la Procura di Campobasso darà il suo contributo al convegno organizzato dalla task force che si è creata sul fronte della lotta alle sostanze stupefacenti. Lo farà con la dottoressa Viviana Di Palma, collega di Gallucci. Sul tema è impegnato anche il pm Schioppi e gli altri sostituti in forza all’ufficio inquirente di via Elena. La squadra coordinata dal procuratore Nicola D’Angelo è in campo compatta. All’Unimol, dunque, lunedì un confronto con 450 studenti delle superiori voluto dall’Ordine degli avvocati di Campobasso (il Foro è presente anche con l’Aiga e le Camere penali) insieme a Usr, Unimol, Ordini degli psicologi e dei giornalisti e, appunto, Procura del capoluogo.
Dottor Gallucci, a Roma una ragazza di 16 anni è stata drogata e violentata. È morta dopo ore di agonia. A Roma, non in un sobborgo malfamato di qualche metropoli del Sud America.
«È chiaro che quando avvengono casi di cronaca ci siano momenti di riflessione. Quello che è successo a Roma potrebbe succedere anche in Molise perché la droga non è solo un fenomeno nocivo in sé ma è anche portatore di altri reati. È anche l’occasione per delinquere: per approvvigionarsi dello stupefacente, un tossicodipendente può entrare in circuiti criminali. Per quanto riguarda Campobasso, abbiamo dati del Serd, che sono allarmanti: 1.300 tossicodipendenti. E, ovviamente, coloro che entrano nel circuito del Serd rappresentano solamente una parte delle persone che dipendono da sostanze stupefacenti, che a loro volta sono solo una parte degli assuntori».
La droga non è solo un problema in sé. Perché?
«La droga più costosa è la cocaina. Una dose sul mercato costa intorno agli 80, 100 euro. Mentre provarla è alla portata di tutti, la possibilità di approvvigionarsene diventa poi una necessità, una schiavitù. La droga rende le persone non lucide, in alcuni casi aumenta l’aggressività e in altre può ridurre l’attenzione, pensiamo alla guida sotto l’effetto di stupefacenti. L’appello ai ragazzi è quindi di non mettersi alla prova, l’uso non corrisponde necessariamente alla dipendenza, però è molto probabile che dall’uso si passi alla dipendenza. E non è necessario essere persone deboli o incapaci di controllarsi, abbiamo esempi di sportivi, persone dello spettacolo, professionisti bravissimi che nel loro mestiere hanno dimostrato una tenacia senza pari. Pensiamo a Pantani. Il ciclismo richiede fatica e sacrifici estremi, una forza di volontà ferrea, ciò nonostante questo grandissimo campione è entrato in questo tunnel e vi ha trovato la morte. Perciò, ragazzi: non mettetevi alla prova con l’uso della droga perché spesso porta all’abuso».
Spesso porta anche a delinquere.
«Esatto. Reati contro il patrimonio oppure lo spaccio per pagarsi le dosi. Senza addentrarci nella differenza fra droghe pesanti e droghe leggere, va detto che ci si limita all’hashish o alla marijuana difficilmente il ragazzo avrà necessità di delinquere per avere la provvista. Se parliamo di cocaina la situazione è diversa. Per quanto il costo di questi stupefacenti sia notevolmente diminuito, ma questo è un altro problema perché aumenta la platea di coloro che possono farne uso. E poi abbiamo notato, anche nei casi di tre o quattro piantine coltivate per esempio, un aumento del principio attivo: prodotti che hanno quindi una capacità drogante maggiore».
A subire i reati dei tossici, purtroppo, sono spesso le famiglie, loro per prime. Famiglie e amici: come possono aiutare le forze dell’ordine e la magistratura?
«Spesso le famiglie vengono tenute all’oscuro di determinati fenomeni e se ne accorgono quando è troppo tardi. I maltrattamenti in famiglia e le tentate estorsioni legate ai maltrattamenti sono tipici del tossicodipendente: colui che ha finito le proprie risorse, che non ha mai trovato lavoro o lo ha perso per colpa della tossicodipendenza, cerca di reperire i soldi dagli anziani genitori. E queste persone, che fanno una pietà enorme, si trovano nell’alternativa tra combattere nei confronti dei loro figli, magari anche denunciarli, e quella di soddisfare questo bisogno che però li porta a una progressiva distruzione. La strada della prevenzione, evitare che si entri proprio in questo circuito, è la risposta decisiva. Noi stiamo prestando grande attenzione dal punto di vista della repressione, ma se non diminuisce la domanda di droga non diminuiranno i reati in materia di stupefacenti e quelli connessi. Nel lungo periodo la prevenzione, in cui si inserisce il convegno di lunedì, è addirittura più importante dell’azione della magistratura requirente nelle indagini. Noi siamo in grado di bloccare un fenomeno, raggiungere risultati nell’immediato ma, ripeto, se c’è una domanda di droga arriverà qualcun altro a prendere il posto delle persone che abbiamo assicurato alla giustizia. Ci vuole sinergia, certamente il nostro lavoro è importante ma il lavoro di altri attori – servizi sociali, Serd, scuola, famiglie – diventa ancora più importante».
La droga per il Molise non è anche un po’ la medicina dell’untore? Il veicolo che porta le mafie in questa terra?
«Qui la criminalità organizzata non ha preso piede come in altre regioni ma la droga è il suo cavallo di Troia. Siamo al confine con Puglia e Campania. E nel momento in cui la droga produce un profitto, questo poi deve essere reinvestito: allora abbiamo il riciclaggio, i soldi prestati a usura, ancora prima le estorsioni collegate allo spaccio. Finora certi fenomeni destano minore allarme che nel resto d’Italia, però se non si pongono rimedi la situazione può solo peggiorare. La droga allora va combattuta non solo perché può portare a maltrattamenti in famiglia, furtarelli, reati percepiti dalla popolazione, ma anche perché quando c’è un business e diventa fiorente, i profitti vengono reinvestiti e in questi contesti comanda chi è più forte».
Lei ha parlato di sinergia. Anche in questo caso, sembra la parola chiave.
«Sì, immagino una sinergia a tre. La magistratura, nelle sue vesti requirenti e giudicanti, fa il controllo di legalità e assicura i responsabili alla giustizia. Se in Molise vengono eseguite quattro, cinque operazioni antidroga, è evidente che chi spaccia ci pensi un po’ di più, quanto meno eviterà di spacciare davanti alle scuole, reato per cui è prevista un’aggravante. Il secondo aspetto riguarda l’espiazione della pena: chi ha commesso reati in tutto o in parte determinati da dipendenza non deve essere solo punito, deve essere rieducato e curato. E questa Procura ha sempre prestato il proprio consenso a che venissero concessi domiciliari in presenza di un programma terapeutico serio. Il terzo aspetto è la prevenzione: l’unica possibilità seria nel lungo periodo, lo ripeto, è ridurre la domanda di droga».
rita iacobucci